Antonio Sposito (1982) è di Napoli ma vive a Venezia, dove lavora come operatore sociosanitario. Da anni si occupa di minorenni con problemi famigliari, è laureato in psicologia dell’apprendimento e specializzato in psicologia clinica e dello sviluppo.
Ha pubblicato Un timido in borghese (Enrico Folci, 2010) e altri brevi romanzi: Ho visto l’arcobaleno e Il diario di Antonio il Franco (2011), Il raccontastorie (2013).




Ti amerò a prescindere di Antonio Sposito
Prologo
Ricordo ancora le sensazioni che provai durante il trasloco. Dentro di me si alternavano lo stress e la gioia dovute al cambiamento. Se da una parte mi preoccupava l’idea dell’ignoto, da un’altra si stava finalmente realizzando il mio desiderio di un’autentica vita adulta.
Dopo aver dedicato ore alla pulizia della nuova casa in cui avrei abitato giunse il momento di riempirla di me, mettendo nei mobili le mie cose e ciò che esse rappresentavano. Non mi era mai capitato di vivere da solo e osservando i vari elettrodomestici, le tubature sotto il lavandino e tutto ciò che prima o poi avrebbe richiesto manutenzione mi pentii della mia pigrizia, quando in passato avrei potuto imparare da mio padre.
Inoltre erano tante le cose che ancora mancavano, di volta in volta la necessità me le avrebbe indicate. Dal trolley tirai fuori le stoviglie, tra cui alcune posate miste, due piatti fondi e due piatti piani: per invitare qualche amico a cena avrei dovuto comprarne degli altri.
Sentivo la necessità di non lasciare spazi vuoti, proprio come non avrei voluto avere nella mente tante domande prive di risposte. Il senso di incompiuto mi rendeva nervoso, come se il tempo a mia disposizione fosse quasi scaduto.
Di volta in volta che estraevo cose dal trolley trovavo il posto ove collocarle. Mi ero prefissato di seguire uno specifico ordine che mi avrebbe aiutato a non impazzire tutte le volte che fossi stato in cerca di qualcosa. Scorsi diversi oggetti che avevo comperato per la seconda volta, come uno schiaccianoci e una serie di penne indelebili; di alcuni avevo dimenticato l’esistenza perché mai mi erano serviti: per esempio una vecchia sveglia e alcuni libricini religiosi che mi avevano regalato ma che pensavo fosse peccato disfarmene poiché contenevano immagini sacre. Ci diedi un bacetto come per rassicurare il Santo che non era nulla di personale e poi li deposi nuovamente nello scatolone.
Trovai alcune bacchette di incenso, me le aveva regalate Elisa il giorno dopo una discussione. Provai una profonda tenerezza che mi portò a stringermi al petto quell’incenso proprio come avrei voluto fare con lei. A distanza di tempo avevo compreso che era stato un modo per dirmi che mi voleva bene mentre io ero ancora offeso, per orgoglio, dalle parole che ci eravamo detti, a discapito delle belle esperienze che ancora avremmo potuto vivere insieme. Ogni presente diventa passato tranne i ricordi, che possono tornare alla mente in qualsiasi momento.
Decisi di accendere una delle bacchette di incenso e dopo non ebbi voglia di fare altro. Mi sdraiai sul divano e dirigendo lo sguardo verso il soffitto rividi alcune scene del nostro passato; mi apparve talmente vivido che mi sembrò di riviverlo e tornai con la mente a uno dei nostri primi appuntamenti, quando sdraiati sull’erba teneramente lei posava la testa sul mio petto e io, lasciandomi trascinare, la accarezzavo. Avrei potuto farlo ancora se la rabbia non mi avesse condotto a reagire diversamente.
Quel profumo ebbe il magico effetto di farmi affiorare alla mente solo i ricordi gradevoli e ora ero pronto a gustarmeli anche se non potevo viverli nuovamente. Mi sentii quasi in colpa per non essermi saputo spiegare a sufficienza con lei. Avrei voluto provare rabbia solo nel momento in cui serviva, per poi buttarmi tutto quel malcontento alle spalle e invece quella sgradevole emozione mi teneva ancora compagnia nonostante il tempo ormai trascorso. Avrei voluto comunicarle che non ero irritato con lei ma solo ferito per il suo comportamento.
Il fatto è che in certi momenti eravamo stati così carichi di emozioni negative da non riuscire a comprenderle. Perché ero ancora arrabbiato, perché anche lei era arrabbiata, perché provavo paura? Perché avevamo litigato ormai tanto spesso che mi sentivo libero solo senza di lei? Ma soprattutto perché nonostante tutto avevo iniziato ad avvertire così forte la sua mancanza? Erano domande che non volevo restassero inevase ed era giunto il momento di dedicarci del tempo, in modo da conoscermi meglio e non commettere più errori simili.