Fotografia di Enrico Grossi

Enrico Grossi abita a Suzzara, lavora per una cooperativa sociale ed è giornalista freelance, gestore del magazine online Suzzara-Week, scacchista, autore di diversi racconti fantascientifici, gialli e horror. Lettore onnivoro, da Stephen King a Bradbury, A.E. Van Vogt, P.K. Dick, agli autori del noir e S.F. italiani e stranieri. Film preferiti: 2001 Odissea nello spazio, Blade Runner (il primo) e I tre giorni del condor.

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Copertina Il Dedalo di Vauban

Il Dedalo di Vauban di Enrico Grossi

Prologo

Marco Bosio aveva superato la metà dei quarant’anni: troppo vecchio per trovare un nuovo lavoro, dopo averlo perso a causa della crisi, ma troppo giovane per la pensione. In questa Europa dell’euro, come molti suoi coetanei, si ritrovava privato delle sicurezze che si avevano un tempo, con un bel pacco di attestati e diplomi – carta straccia – e un furgone Iveco usato, acquistato nel tentativo di avviare un’attività in proprio, sul procinto di chiudere.

La speranza di trovare un lavoro, riposta in un annuncio su un social network, veniva regolarmente disattesa. Marco teneva sotto costante osservazione il suo profilo su quel particolare social creato qualche lustro prima da uno studente universitario americano, un certo Mark Zuckerberg; originariamente destinato esclusivamente agli studenti dell’Università di Harvard, si era diffuso rapidamente anche fra le altre facoltà della zona di Boston, per poi raggiungere tutto, o quasi, il mondo. La scatola magica aveva cambiato profondamente molti aspetti legati alla socializzazione e all’interazione tra individui, sia sul piano privato che su quello economico, commerciale e lavorativo.

Tutti i giorni, all’avvio del computer nel suo piccolo studio, la prima videata che compariva aprendo il browser di navigazione internet era quella del social. Poi la casella di posta elettronica e infine il resto. La posta era invasa da valanghe di mail di agenzie del lavoro; inserzioni per lo più fasulle che spediva direttamente nel cestino.

Marco aggiornava continuamente il suo profilo. Pubblicava foto di ogni tipo. Chiedeva amicizie e, quando venivano concesse, scriveva presentazioni di se stesso e del suo lavoro sulle bacheche. Le risposte erano per lo più generiche e questo aumentava la sua tensione e lo stress dell’inattività. Restava solo per ore in quella stanza davanti al monitor del computer.

Quando staccava, cercava rifugio e compagnia nei libri, ma i pensieri e le preoccupazioni gli occupavano a tal punto la mente che era costretto ad abbandonare la lettura di quelle storie che in altri tempi avrebbe divorato.

Da tempo – dalla morte dei suoi genitori – non aveva più legami parentali. Conduceva una vita solitaria: vedeva gli amici ogni tanto al bar, durante interminabili serate di partite a carte e calcio in pay-tv, che alla lunga lo annoiavano. Tornava così davanti al computer a cercare, senza un criterio preciso, una notizia, un messaggio, che potesse cambiargli la vita in meglio.

Enrico Grossi


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