Salvatore Daniele, Sada, Danilo Salvatori, Salvador Von Dalì, sono nomi d’arte di Salvatore Daniele, con i quali preferisce firmare le sue opere di scrittura e di disegno. Generale dell’Esercito Italiano, Commendatore dell’Ordine di San Giorgio d’Antiochia e Gerusalemme, Cavaliere della Corona di Ferro Francese, Knight of Malta, è un personaggio eclettico cimentatosi nel management di spettacoli, (Festival Bar 94, Top Model today-Why Not nell’85 a Cetara, etc.), sfilate di moda, festa delle debuttanti in società, serate danzanti e cene spettacolo nei saloni di Palazzo Salerno in Piazza del Plebiscito a Napoli.
Ha viaggiato moltissimo e grazie alla (passata) titolarità di un’agenzia di viaggi, (Simba Viaggi), ed un tour operator, (Na-Nook tour), tra gli anni Ottanta e Novanta si è spinto nella ricerca a proponimento di mete esotiche nell’ex Birmania, in Malesya, fino alle isole del Borneo.
In questa sua ennesima raccolta di poesie e aforismi conferma la sua semantica nell’intarsio delle parole scritte, a volte dolci altre dure e perfino popolaresche nel contenuto, che non potrebbero diversamente rendere la sinestesia sensoriale ed emozionale che intende dal suo patos trasmettere.

Follie da interni di Salvatore Daniele
IL SENSO DEL PENSIERO ASSASSINO
Deciso avevo il niente scrivere
l’invadente intrigante che avessi in mente, sfacciato.
Alle parole dar vestito, accanimento straziante del nulla
che nel tutto fluttuava dandomi martirio, riempendo il vuoto.
Di scrivere avevo deciso quindi,
scrivere, scrivere… e parole scrivere.
Urlo nel muto suono, al dio assassino, le bestemmie mie
che a morte mi condannò nel farmi nascere.
Parola pennellar, in fila porla, l’altra dopo la precedente,
del senso in percezione che leggendole
impresse mi apparissero
in risposte certe
dall’immaginazione sulla dipinta tela.
Avevo deciso e cazzo, quindi parolo io,
quel cazzo che mi pare scrivendo!
Siffatto subdolo malessere manifestava sì nel cervello mio
l’ipocrisia ambigua, in asfissiante spossatezza martellante.
E cazzo, ero deciso, dovevo io impadronirmene,
sputtanarlo in siffatta petulante follia
che omicida volesse fottermi, certo ne sono io.
Deciso ero, deciso avevo di essere deciso di indeciso non essere!
Vomitevoli scritte parole elaboravo
di lussuria profumandole,
a esserne fottuto bramavo.
Non mi fido di te perché poi possa tradirmi tu
per essermi fidato io di me.
Nell’essere cinico, leale sarò,
sprezzante nel prendere ciò che mi piace,
arrogante nel darti ciò che più ti piace,
se mi piace.
Dai bugiardi impulsi miei
prendendo i tuoi e facendoli miei, ti proteggerò.
Nei sentieri dell’avidità tua ti condurrò,
sodomizzandone pensiero al carnale piacere tuo,
rendendolo mio.
Alla seduzione dell’indecenza ti preparerò
e di questa ti vestirò spogliandoti.
E quando di te avrai goduto della chiave mia del niente,
nel nulla il tutto,
indiviso e minuzioso il colore,
pregna sarai dell’onda uscita dal mare,
che del mare è.
Allora sì, avrò parolato il senso dell’orgasmo tuo,
la schiuma sulla riva.
Che parole siano queste a dire ciò
che in percezione, sensazione ho.
Carnalità seduttrice,
il vocabolo mio, sia strumento al pensiero tuo,
prima di stringerlo tra le gambe.
Partorisco pulsioni rubate al nulla del niente
che in parole il senso hanno del pensiero,
il tutto del niente.
Rimini, 30 luglio 2018.
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