William Vertemara (1983). Sono nato in un piccolo paese della Brianza. Mi piacciono le sfide e non amo stare fermo. Prendo in considerazione ogni progetto poiché non esistono fallimenti, solo tante esperienze da vivere.

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Copertina Vertemara Almeno la metà di un sogno

Almeno la metà di un sogno di William Vertemara

Inizio romanzo

Come molti di voi sono un marito, un papà, un lavoratore o solo uno dei tre a cui piace sognare, le cui speranze e ambizioni alimentano le giornate per cercare qualcosa di meglio, per non accontentarsi e provare costantemente a migliorare. Soprattutto da quando sono padre sento un po’ di responsabilità in più nel cercare di far vivere una vita migliore alla mia famiglia.

Mi diplomai con il minimo dei voti in una scuola professionale pensando che una volta finita sarebbe stato semplice trovare lavoro e soprattutto fare carriera, soldi e successo.

Alle superiori, nei primi anni, quando ne parlavo con i compagni il lavoro sembrava una cosa lontana, a cui non pensare, di cui non preoccuparsi; mentre nell’ultimo anno non vedevo l’ora di trovarlo per iniziare a guadagnare uno stipendio ed essere indipendente economicamente.

 Credevo che qualsiasi lavoro avessi trovato sarebbe stato ben pagato, che bastasse poco per mettersi in proprio e crearsi un futuro, ma dopo un paio di esperienze sottopagate mi accorsi che non era così. Avevo un diploma che non serviva a molto se non avevo esperienza o “conoscenze”; non riuscivo a trovare un lavoro che mi piacesse o mi stimolasse. Cercai di frequentare qualche corso di formazione per ampliare le mie possibilità, ma non portò a grandi risultati.

Poi trovai il lavoro che ancora oggi svolgo, pensando inizialmente che non fosse quello che avrei fatto per tutta la vita, che fosse momentaneo; ma il tempo passava e mi ritrovavo ancora lì nella speranza che qualcosa cambiasse, senza tuttavia far niente per migliorare.

Il mio lavoro non mi soddisfaceva, non mi piaceva più.

Non che fosse un brutto lavoro, anzi. Forse però dopo quindici anni avevo bisogno di nuovi stimoli; forse non mi ero impegnato molto nel cercare mestieri capaci di entusiasmarmi, mi ero accomodato e non avevo avuto il coraggio e la voglia di buttarmi in qualcosa di nuovo; forse avevo avuto paura di fallire: mi svegliavo la mattina svogliato per andare in azienda, tiravo per arrivare al quindici del mese per pagare tutte le spese e cercavo di risparmiare qualcosa per andare in ferie. Io e mia moglie facevamo sacrifici per dare quello che serviva ai nostri figli, come tutte le famiglie penso, ma io volevo dare di più. Non volevo diventare per forza un milionario, non era il mio obiettivo, avrei voluto però trovare un lavoro che mi stimolasse e mi desse serenità.


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