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Cristiano Pedrini

Buon Natale Hibiki

Edizione cartacea
Edizione digitale


Buon Natale Hibiki. Per Hibiki Cole quello è che sta per vivere è il suo primo Natale sereno. Dopo essersi lasciato alle spalle una vita difficile e aver trovato lavoro allo studio legale di Chris Page, ora desidera con tutto se stesso che questi giorni di festa siano per lui e per le persone a cui vuole bene uno spartiacque tra passato e futuro.
Ma i ricordi si alterneranno a nuovi e insoliti incontri, che faranno riemergere il suo modo di essere e di affrontare la vita.

L’edizione digitale inoltre include Note e Capitoli interattivi, Notizie recenti sull’autore e sul libro e un link per connettersi alla comunità di Goodreads e condividere domande e opinioni.

Questo romanzo è parte della serie su Hibiki, assieme a I sentieri di Hibiki (2017) e Le regole di Hibiki (2016).



Copertina  "Buon Natale Hibiki"

Buon Natale Hibiki di Cristiano Pedrini

21. Non saper mentire… a volte non è un difetto!

Era l’albero di Natale più grande che avesse mai addobbato, alto oltre due metri; i rami verde intenso occupavano una buona parte della sala d’attesa. Hibiki ancora pensava alle imprecazioni dei due operai che a fatica avevano trascinato l’albero fuori dall’ascensore e rimesso in piedi, per accorgersi poi che lo spazio destinato non era sufficientemente ampio.

Insieme a Janice aveva spostato altre poltrone per fargli spazio e ora il monumentale abete si ergeva proprio accanto alla scritta Page & Hewitt, scolpita nel legno chiaro che rivestiva la parete.

«A quanto pare ce l’abbiamo fatta! – riconobbe Hibiki fissando l’opera compiuta – quando Chris mi ha detto che aveva scelto l’albero di Natale per l’ufficio non immaginavo che sarebbe arrivato questo mostro!»

«Sai quanto al nostro capo piaccia stupire…», gli ricordò la giovane segretaria posandogli accanto una grande scatola di cartone.

«Già», sospirò profondamente lui inginocchiandosi e aprendo il pacco.

Con la coda dell’occhio vide Janice indossare il suo cappotto amaranto tanto vistoso eppure perfettamente in linea con il resto del suo abbigliamento – che neppure il compagno osava criticare – non sempre appropriato in uno studio legale.

«Sei sicuro di voler fare da solo? Potrei fermarmi ancora un po’ se…», fece Janice.

«Fila via! Tua madre arriverà alla stazione tra mezz’ora e hai promesso di andare ad accoglierla», ribatté il ragazzo togliendo le decorazioni e iniziando ad appenderle ai folti rami dell’abete, dopo aver dato uno sguardo all’orologio appeso alla parete sincerandosi dell’orario.

Janice si abbottonò il pesante indumento e chinandosi su Hibiki lo baciò sulla guancia.

«Cosa farei se non ci fosse il mio fattorino preferito?»

«Tormenteresti qualcun altro!», rispose prontamente il ragazzo.

Hibiki udì i passi di Janice allontanarsi velocemente verso l’ascensore e quando le porte della cabina si richiusero dietro alla ragazza ebbe la certezza di essere rimasto solo.

In quell’antivigilia di Natale non c’era più nessuno in ufficio, anche Gregory era partito per una breve vacanza; lui invece aveva voluto rimanere. Non solo perché attendeva Chris di ritorno da alcuni appuntamenti di lavoro, ma soprattutto perché non appena lasciava libera di pensare la sua mente subito si trovava davanti a un’ininterrotta serie di ricordi degli ultimi Natali passati, prima che nell’arco di poco tempo la sua vita e quella di suo fratello Owen venisse stravolta. Ora invece cercava di combattere quelle memorie, in gran parte dolorose, con quel presente nuovo e appagante sebbene non potesse evitare di scorgere ancora l’ aleggiare di qualche nuvola nera. Desiderava a tutti i costi che quel Natale fosse bello, perfetto e indimenticabile. Lo voleva per Owen, il quale ora poteva permettersi di tornare a vivere un’adolescenza che si avvicinava alla normalità; lo voleva per Chris, che dopo anni di solitudine aveva accolto lui e il fratello nella propria vita con quella sua incredibile semplicità che riusciva sempre a disarmarlo…

Immerso in questi pensieri non si accorse del tempo trascorso, fino a che non appese l’ultima pallina di vetro di colore rosso coronando quel paziente lavoro. Fece alcuni passi indietreggiando per osservare meglio il frutto delle sue fatiche.

L’addobbo dell’abete era ormai terminato e ora, ammirandolo immerso nel silenzio dell’ufficio, gli venne in mente il giorno in cui passeggiando con Chris si erano trovati vicino alla cattedrale di Saint Paul.

Quella mattina i cumuli di neve fresca brillavano sotto i raggi del tenue sole che illuminava la città, lasciando che i riflessi dei cristalli donassero agli alberi che si innalzavano in quella grande area verde a nord dell’edificio, una luce che li faceva risaltare tra il grigiore dei palazzi circostanti.

Hibiki si era fermato proprio davanti a uno di essi osservando la targhetta posta su un ceppo: Abete di Vancouver aveva letto a voce alta, sollevando poi lo sguardo all’albero.

«Viene dal Canada. Però, ne ha fatta di strada per arrivare fino a qui», aveva commentato alitando sulle mani nel tentativo di riscaldarle.

Sotto i suoi occhi erano comparsi un paio di guanti di pelle. Voltandosi, aveva incontrato il viso sorridente di Chris.

«Te l’avevo detto che stamattina faceva più freddo del solito, ma tu come al solito non mi hai ascoltato»

«Guarda che non sto di certo congelando», aveva replicato Hibiki con supponenza.

Il giovane avvocato si era accostato alle sue spalle, abbracciandolo.

«No di certo, altrimenti sarei costretto a scaldarti come…»

«Speravo che l’arrivo del Natale ti rendesse meno perverso del solito!» lo aveva zittito Hibiki, ma non aveva potuto evitare che il compagno gli infilasse, con delicatezza, i guanti.

«Mamma chioccia ha fatto la sua buona azione quotidiana», aveva borbottato il ragazzo senza volersi realmente sottrarre a quella stretta. In fondo non era più necessario nascondere la loro relazione dopo aver lasciato lo studio di Bethany.

«Comunque lo sai che ci sono solamente trentatré specie di alberi nativi dell’Inghilterra ma a causa di vari eventi geografici e storici adesso, solo in questa città, ne esistono più di duecento specie diverse?», gli aveva detto Chris.

«Una conseguenza del nostro girovagare per il mondo – aveva osservato il giovane compagno mentre riprendevano il cammino lungo il vialetto – Ma dimmi, visto che siamo in tema, perché non abbiamo ancora un albero di Natale in ufficio?»

Il ragazzo aveva proseguito per pochi metri prima di accorgersi di essere rimasto solo. Voltandosi aveva notato l’espressione perplessa del compagno, che dopo essersi infilato le mani nelle tasche del pesante cappotto nero aveva scosso ripetutamente il capo: «Hibiki Cole, assomigli a una di quelle caramelle che dopo averle scartate e assaggiate ci si accorge che il gusto è totalmente diverso da quel che ti aspettavi…»

«Scusa, ma questa intensa metafora cosa vorrebbe significare?», aveva risposto aggrottando la fronte e fissandolo malamente mentre si incamminava verso di lui. «Non ti è chiaro? Significa che ogni volta che credo di aver capito come sei, tu sveli un’altra piccola parte di te che ti rende dolcissimo».


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