Spinosa

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Massimo Zibordi

Spinosa

Racconti da un mondo perfetto

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Spinosa. Un libro vivace, ironico e autentico che racconta la vita nella campagna mantovana negli anni Cinquanta, ma non si tratta di una semplice autobiografia; il linguaggio è arricchito dall’esperienza poetica dell’Autore, che si fonde perfettamente con la prosa.
A Spinosa la povertà non intacca l’intelligenza o la dignità. I ragazzini apprendono una pedagogia fatta di terra e fossi, senza bisogno di manuali. La religiosità è spontanea e tutto è un gioco, un’intesa ideale tra uomini e natura.

«La sera infilava un’altra moneta rosso acceso nella fessura in fondo all’orizzonte, mentre l’acqua nei fossati parlottava amabilmente dei fatti del circondario».


Quarantadue racconti che fanno riflettere sulla vita, sulla natura e sulle sirene del progresso. Ci si sentiva al centro dell’universo in quella piccola borgata. Si diventava grandi ma senza averne ancora la scorza; e i grandi, si sa, tradiscono sempre i bambini. Ci si credeva invincibili, il vero nemico si sarebbe rivelato il tempo e nessuno si sarebbe salvato.


Biografia di Massimo Zibordi

Copertina Spinosa

Spinosa di Massimo Zibordi

Presentazione

C’è un passo che mi intriga, breve, brevissimo, nelle pagine di Spinosa. Si trova nel racconto Il martin pescatore, là dove il volatile sembra proporre all’adolescente Marco alcune suggestioni straordinarie: il ragazzino si accorge che negli occhi del martin pescatore risiede «la magia di lontanissime e precise rotte migratorie» e poi viene dallo stesso messo in guardia: le sirene talvolta imbrigliano la mente ai nocchieri e con il loro canto ne confondono la rotta.
Sono due originali metafore di molte (tutte?) storie presenti nella raccolta. Incominciamo dalle remotissime rotte migratorie. Non di migrazioni geografiche si tratta ma di affioramenti lontanissimi e tuttavia meravigliosamente precisi, partiti dagli anni Cinquanta e giunti fino a noi. Sessant’anni di “movimenti migratori” (si intenda qui la vita trascorsa da Massimo) non hanno alterato la magia di quel mondo perfetto, ce lo restituiscono invece come se stesse scaturendo da una limpidissima sorgente di montagna posta ai piedi di un nevaio. Quelle donne e quegli uomini, quei cani da ferma e i loro allenatori e veterinari, quelle abitudini e quelle credenze han fatto un loro percorso, han compiuto una precisa migrazione che nello stesso tempo ne ha mantenuto vivissima la matrice ma le ha risuscitate a un livello ove la storia lascia il posto all’etica. Il loro movimento, la loro migrazione, non è carsica, non è tribolata, ma si propone a noi con una trasparenza eccezionale, con i colori nitidi di una giornata luminosa dopo una notte di vento; gratifica il lettore che vi ritrova una vivacità, un’ironia e un’autenticità che sì, davvero, rimandano a un mondo perfetto che è quello dell’infanzia a Spinosa.
E poi ci sono queste sirene che nutrono da sempre l’insano desiderio di smarrire i nocchieri. Rischio eterno, tentazione costante ma lecita, ché solo chi si smarrisce può infine ritrovarsi. E tuttavia a Spinosa, in quel mondo terragno e plastico dove la legge prima – quella più importante – non è scritta nei codicilli di volumi enormi ed ermetici ma dentro il cuore delle persone, le sirene ci sono anche per giovani e giovanissimi; esse tentano, come dice il martin pescatore, di far smarrire la strada ma senza avvedersene la insegnano. Ché non solo l’Autore, ma tutta la folla che egli racconta, se di smarrimenti ne ha avuti, sempre alla fine si è ritrovata.
Con questo mi pare di aver sottratto Spinosa alla pur straordinaria bellezza della rievocazione autobiografica per consegnarlo a un livello ove ogni gesto, ogni parola, ogni episodio, ogni presa di posizione, perfino ogni cane e ogni gatto, assurgono – senza che mai l’Autore abbia bisogno di salire in cattedra – a massima comportamentale universale.
Ecco perché mi piacciono le sue memorie. E anche perché ci sono in quelle storie mille altre cose che appartengono a una quotidianità genuina, semplice, nostra. L’elenco è lunghissimo, inesauribile: il mozzicone dell’Alfa che pende dall’angolo della bocca; il cappello di paglia della Vitasol; il tirar su con il naso; il budino San Martino; il rosario; il lardo; Rin-tin-tin; la camera d’aria che non finisce mai di servire; il pane con lo zucchero; il secchiaio; perfino gli orinali… E dentro questo mondo, noi (consentimi Massimo di entrare anch’io, lateralmente, nelle tue storie).
C’è poi un linguaggio che – ora qui ora là, senza darlo a vedere, con le sole parole, senza immagini o altri ausili – si fa forte dell’esperienza poetica, non estranea a Massimo, e che qui con la prosa va a braccetto: «La terra, insaziabile come ogni sera, ingoiava un sole infuocato»; «nel riflesso frantumato della luna»; «nella genesi del mattino». E poi la neve che «scendeva lieve come una preghiera» e il sole che allunga «un sipario d’ombra» e le «chiassose risate dei fossi», e Dio sa quale timbro avevano per Massimo quelle risate. Ascoltiamo le parole. Hanno bisogno, almeno qualche volta, di accostarsi come vogliono loro, senza regole, o come i poeti saggi o capricciosi le costringono a fare. Fa bene avere un corpo a corpo con le parole, a chi scrive e a chi legge.
C’è una povertà a Spinosa che non intacca né l’intelligenza né la dignità. C’è una pedagogia senza manuali fatta di terra e di fossi. C’è una religiosità spontanea e confidenziale, così come compare nell’ultima riga del racconto Il chiodo della Madonna: «Tra madri certe cose non hanno bisogno di commenti». E le due madri, poste su uno stesso piano che nulla ha di sacrilego, sono la madre naturale e la Madonna: bellissimo!
Ci sono tutte queste cose e molte altre ancora nei racconti, che è come dire in Spinosa, che è come dire nel libro. Perché Spinosa e il libro si identificano, ontologicamente non figuratamente intendiamoci.
Ecco perché mi piacciono i racconti di Massimo.

Aldo Ridolfi
Tregnago, 1° maggio 2021.


Spinosa


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Cronache di un viaggiatore mantovano

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A cura di Roberto Piola

Cronache di un viaggiatore mantovano

Il Novecento tra Mantova e Bologna raccontato in un vecchio diario ritrovato

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Cronache di un viaggiatore mantovano. Conclusa la Liberazione si desiderava la pace per dimenticare le aggressioni, le ingiustizie e le rinunce. Era vergogna o voglia di dimenticare? Una lettera della sorella annunciava quell’anno ricchi raccolti in campagna, ma Guido combatteva sull’Isonzo e avrebbe preferito una tempesta di granate se fosse servita a cancellare la guerra.
Questo libro è il diario scritto fra Mantova e Bologna da un commesso viaggiatore che ha vissuto in prima persona lo sviluppo urbano e sociale della prima metà del Novecento, gli scontri politici e la tragedia della deportazione dei propri cari nei campi di concentramento nazisti.
I racconti sono accompagnati da fotografie e immagini dell’epoca, molte già presenti nel diario originale.


Biografia di Roberto Piola

Cronache di un viaggiatore mantovano a cura di Roberto Piola

Introduzione

Tutto parte da un’agenda lasciata dal nonno (classe 1888) a un nipote ancora bambino, poi a lungo passata da un cassetto all’altro e infine dimenticata. Circa cinquant’anni dopo il nipote la ritrova e trova anche il tempo e la curiosità di mettersi a sfogliare quelle pagine con calma per la prima volta. Da qui l’idea di trascrivere a computer, parola per parola, il manoscritto del nonno.

Seguendo il racconto di una vita piuttosto comune ma narrata con estrema chiarezza il nipote ne diviene partecipe e rivive le esperienze provate dal nonno in un’epoca a lui sconosciuta. Il nonno, rappresentante di commercio nato e vissuto a Mantova, ha attraversato – apparentemente senza troppe scosse e difficoltà – entrambe le guerre del Novecento.

Il nipote, il quale sta per raggiungere l’età del nonno quando gli ha consegnato l’agenda, comincia però a dubitare sul racconto, che giudica fin troppo edificante, e si pone alcune domande sulla vera storia della sua famiglia. Scopre così che il manoscritto tramandatogli contiene soltanto una parte di verità, quella più piana, gradevole e consolante; insomma quella che, a giudizio degli adulti, non può procurare traumi né suscitare paure in un bambino. L’agenda non rivela infatti assolutamente nulla delle vicende terribili che hanno colpito la famiglia d’origine della nonna, i cui anziani genitori erano stati razziati a Bologna dai nazifascisti che li avevano inviati a morire nel campo di sterminio di Auschwitz.

La verità del tutto inattesa su questa atroce vicenda – accuratamente sottaciuta in famiglia per più di una generazione – si presenta quasi per caso al nipote, intento a curare con puntiglioso scrupolo alcune note da porre a corredo della pubblicazione del memoriale; è da un breve testo lasciato dall’anziano prozio Loris Goldstaub, cognato di nonno Guido, scoperto in Internet consultando un sito dedicato alla Shoah, che riesce finalmente a ricucire la storia del ramo ebraico della propria famiglia.

La vicenda che sta dietro alla pubblicazione del presente libro appare dunque emblematica di quella fitta rete di silenzi e di deliberate rimozioni che per un paio di generazioni ha in larga parte offuscato la memoria civile del nostro Paese. Dopo queste scoperte il libro passa dal racconto di una vita locale, a quello più ampio di una tragedia mondiale. Tocca ora alla generazione dei nipoti e dei pronipoti riscoprire da sé, facendosi strada attraverso indizi obliqui e rivelazioni postume, le verità autentiche lasciate cadere nell’oblio da chi era vissuto prima e riuscire a dare finalmente conto senza più infingimenti né amnesie di quel che avvenne realmente quando la Storia irruppe nel cuore “segreto” di molte famiglie sconvolgendo l’intero Paese.

Un Paese, il nostro, che per troppo tempo – come documenta l’agenda lasciata da nonno Guido – ha preferito dare di sé un’immagine pacificante e illusoria senza osare guardare in faccia la terribile realtà di quel che davvero è accaduto nelle case private degli italiani e nelle istituzioni pubbliche, specie negli anni cruciali seguiti all’emanazione delle leggi razziali e in quelli ancora più tragici dell’occupazione nazista. Un Paese vissuto, dalla Liberazione in poi, all’ombra dei suoi vuoti di memoria. Vuoti inveterati che solo una ricerca storica condotta con estremo scrupolo scientifico e senza indulgere ad alcun conformismo può finalmente riuscire a scalfire e in certi casi persino a colmare.

Ma quel che più ci stupisce è apprendere dalla lettura di questo libro assolutamente sincero che i silenzi in famiglia sulla tragica fine dei bisnonni materni del suo curatore non sono stati osservati solo da nonno Guido, che era di “razza gentile”, ma anche dal prozio Loris fratello di nonna Fedora e quindi come lei di origine ebraica.

Roberto Piola, scrupoloso curatore del volume, rievoca in una nota i suoi incontri da fanciullo a casa dell’anziano prozio, musicista e pittore. Questi, a lungo costretto a nascondere le proprie origini, mai ha voluto renderlo partecipe di storie di famiglia che temeva avrebbero potuto non solo turbarlo, ma dal suo punto di vista forse anche metterlo in pericolo.

Questi impenetrabili silenzi appaiono per molti aspetti simili a quelli che circondano in famiglia il giovane protagonista del romanzo di Grossman Vedi alla voce: amore (1986), un testo assolutamente esemplare sulla rimozione della memoria e sulla faticosa riconquista, da parte di un nipote, della verità storica intorno allo sterminio dei propri avi. Il curatore, scavando con ostinazione e tenacia dietro la reticente agenda che contiene le memorie del nonno, ha osato compiere un’operazione di verità assimilabile a quella compiuta dal piccolo Momik.

Ma adesso il compito passa ai lettori.

Giancorrado Barozzi

Mantova, 27 gennaio 2013


Cronache di un viaggiatore mantovano


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Il dono della guarigione

Copertina Il dono della guarigione
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Brunella

Il dono della guarigione

Prima impari, poi fai, quindi insegni

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Il dono della guarigione. È la storia di una bambina che si immagina maga per vincere le sue paure.
Maria Sole nasce nel Dopoguerra in un piccolo paese dove le tradizioni contadine si confrontano con le esigenze del progresso.
Con l’aiuto degli Spiriti amici impara il valore della pazienza, l’equilibrio della natura, l’importanza di non giudicare gli altri e scopre la felicità radicata nelle piccole cose. Crescendo cercherà di superare il dolore e la morte – naturali nel percorso di una vita – con semplicità e amore.
Un romanzo che vuol creare nell’animo del lettore nuove strade da percorrere per vivere in armonia e serenità.


Biografia Brunella

Copertina Il dono della guarigione

Il dono della guarigione di Brunella

Introduzione

Alcuni ricordi sono memorie antiche scolpite nell’anima, vicissitudini che lasciano segni indelebili. Le esperienze fatte, la famiglia che abbiamo avuto, la società e il luogo dove abbiamo vissuto, gli amici, i maestri che hanno forgiato, plasmato, inciso e condizionato la nostra mente. I ricordi dell’infanzia sono i più delicati, influiscono maggiormente sulla personalità. «Chi sorride da piccolo, sorride tutta la vita» soleva affermare la madre di Maria Sole.

Ed è vero, un’infanzia serena senza traumi è il viatico per una vita piena, consapevole e leggera. Se poi è farcita di ideali sani e valori importanti il cammino si rivela come una sana passeggiata nel bosco.

Si parte di primavera nelle prime ore dell’alba quando il sole non ancora alto in cielo riscalda tiepidamente i rami degli alberi e le foglie tremolanti ancora cariche di rugiada della notte disegnano lungo il percorso dolci ombre amiche. I sentieri sono molti e non ci saranno indicazioni, ciascuno ha una propria via da percorrere e proprie ombre da scrutare. Alla nascita non vengono rilasciati libretti di istruzioni o mappe da seguire; avremo in mano un quaderno di fogli bianchi sul quale scrivere, disegnare, cancellare e riscrivere, macchiare e pulire, strappare magari e ricominciare su un altro foglio. Nessuno sa quante pagine contenga, ogni volta che lo sfoglieremo avremo l’opportunità di intraprendere un nuovo sentiero e partire per una diversa avventura: dipenderà da noi come la vorremo vivere.

E quando si arriverà all’ultima pagina, dove qualcuno avrà già scritto “fine”, la storia sarà impressa e non sarà più possibile cancellarla né tornare indietro; potremo rileggere ed evocando i ricordi ci accorgeremo di come è stata la passeggiata. Se non avremo rimpianti e rimorsi la fine sarà dolce e rilassante come quando la sera, prima di spegnere le luci, si termina il capitolo di un buon libro: le emozioni emerse durante la lettura si assopiscono lasciandoci sereni, in pace con noi stessi, pronti per un meritato riposo.

Il dono della guarigione


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Matematica per le scienze sociali

Matematica per le scienze sociali cover
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Vincenzo Capasso

Matematica per le scienze sociali

Fisica del comportamento umano

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Matematica per le scienze sociali. Associamo la matematica esclusivamente alla quantificazione e al calcolo, ma ciò che la rende rigorosa e universale è la sua natura astratta. La sociologia invece fa ancora uso di un linguaggio vago, impregnato di ideologie, credenze e opinioni soggettive. L’elaborazione di modelli matematici affidabili può risolvere l’ambiguità del sillogismo statistico, che tanto assilla le ricerche sociologiche.

In questo libro:
• si spiega la vera natura della matematica,
• si indagano le difficoltà della sociologia nel costituirsi come scienza valida,
• si afferma la possibilità di un impiego proficuo della matematica nello studio dei fatti sociali.

Per Galileo non bisogna ricercare una spiegazione fisica dei fenomeni naturali, ma una descrizione matematica. Lo stesso Newton fondò la sua attività scientifica su basi strettamente matematiche evitando qualsiasi tipo di spiegazione fisica.


Vincenzo Capasso biografia

Matematica per le scienze sociali cover

Matematica per le scienze sociali di Vincenzo Capasso

Introduzione

Non è il caso di scomodare quel noto conduttore televisivo che in tarda serata riusciva a catturare l’attenzione di molti telespettatori con le sue domande profonde e circolari sul senso della vita. Benché a volte la vita potrebbe sembrare un sogno, oppure in certi casi un incubo, inseguire un sogno sicuramente aiuta a vivere meglio.

Avrei voluto realizzare tanti sogni, spesso mi sono dato da fare per realizzarne alcuni e, chissà, magari un giorno riuscirò raggiungere l’obiettivo. Ho avuto sempre la ferma convinzione che un sogno, per tenerci sempre impegnati in costanti tentativi di realizzazione, deve essere fondamentalmente irrealizzabile sennò non solo si smette di sognare ma anche di dare il massimo delle energie. La bellezza e la grandezza dell’inseguire un sogno sta più nell’inseguimento in sé che nell’avveramento del sogno stesso.

L’esempio più appropriato è la mia vecchia e grande passione per l’allenamento con i pesi, o il fitness in genere. Cinque anni fa mentre festeggiavo i miei cinquantacinque anni un caro amico mi chiese quali fossero gli obiettivi che intendevo raggiungere nel futuro. Gli spiegai che avevo stilato un valido programma di allenamento (non era vero) i cui risultati però si sarebbero visti solo dopo cinque anni; ma la cosa veramente entusiasmante è che avevo preparato anche un programma di riserva nel caso non avessi raggiunto il mio obiettivo. Ovviamente il programma di riserva avrebbe avuto una durata di altri cinque anni, arrivando così alla fatidica età di sessantacinque anni. Morale della favola: credo che il segreto per vivere bene e il più a lungo possibile – destino a parte – sia avere sempre un sogno da realizzare.

La mia grande passione per la matematica, la logica, la sociologia e per tutte le questioni epistemologiche e filosofiche correlate ha un legame molto stretto con le vicende della mia vita. A tal proposito vorrei accennare solo brevemente ad alcuni fatti autobiografici in quanto occupano una posizione di rilievo nell’analisi di alcune problematiche logiche ed epistemologiche generali, e delle scienze sociali in particolare; in definitiva si potrebbe affermare che quasi tutta la mia esistenza ha avuto a che fare con il problema della verità e la logica, per cui vorrei iniziare a raccontare il nesso tra le vicissitudini della mia vita e il problema della verità. L’obiettivo è dare un fondamento vivo alla vera natura della conoscenza scientifica, ovvero scoprire cosa si nasconde dietro la pura apparenza delle cose; fare emergere in modo inequivocabile la verità, soprattutto quando si tratta di fatti inestricabilmente collegati alla propria esistenza. Ciò che spinge l’uomo alla conoscenza non è solo la semplice curiosità ma anche l’esigenza e il bisogno di risolvere problemi concreti. Dedicarsi alla ricerca scientifica senza considerare il legame con il proprio vissuto personale è uno sforzo che trovo quasi privo di fondamento. In ognuno di noi c’è sempre quella scintilla che fa emergere un grande interesse per cercare risposte ai tanti quesiti dell’esistenza umana e della vera natura della realtà che ci circonda.

Matematica per le scienze sociali


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La fine del poeta

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Claudio Conforti

La fine del poeta

Il filo sospeso, il baratro atteso

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La fine del poeta

A voi che aprite il cuore
ai miei versi d’amore
lo so, sono parole,
perciò perdonatemi l’errore
di non essere migliore,
di non essere perfetto
come un Cristo eletto,
poiché niente vi prometto.
E non vorrei mai far questa pazzia,
mi ha scelto la poesia
che racconta una vita
che vorrei fosse infinita
annunciandola da profeta,
e invece devo raccontare
di una gioia fine al dolore,
di uno scheletro nell’abito nuziale,
della fine e del male,
di lacrime e sconfitte
e poi ancora della morte.
Perciò non è per scelta mia,
me lo impone la vita,
di fare pure io la fine del poeta.

Mi chiamo Claudio Conforti, sono nato il 12 giugno 1974 a Lamezia Terme in provincia di Catanzaro, dove risiedo tutt’ora.
Sin dalla giovane età ho manifestato interesse per i testi poetici cercando il vero senso della vita, che la teatralità del mondo non spiega. Almeno fino a quando non si prende carta e penna e si comincia a scrivere chiedendosi il perché di ciò che si vede, che viene sì dal cuore ma in verità non è l’amore: quell’amore che si vorrebbe e che certo cambierebbe tutto il male in bene.
Così ho iniziato a tradurre in poesia i miei desideri, le mie esperienze e le mie speranze con il desiderio di suscitare amore soprattutto tra le nuove generazioni, che vedo mosse soprattutto da ambizioni venali che inevitabilmente condurranno a cocenti delusioni, rimpianti e rimorsi per una coscienza mai portata avanti.


Biografia Claudio Conforti

Copertina La fine del poeta

La fine del poeta di Claudio Conforti

Prefazione

A voi che aprite il cuore
ai miei versi d’amore
lo so, sono parole,
perciò perdonatemi l’errore
di non essere migliore,
di non essere perfetto
come un Cristo eletto,
poiché niente vi prometto.
E non vorrei mai far questa pazzia,
mi ha scelto la poesia
che racconta una vita
che vorrei fosse infinita
annunciandola da profeta,
e invece devo raccontare
di una gioia fine al dolore,
di uno scheletro nell’abito nuziale,
della fine e del male,
di lacrime e sconfitte
e poi ancora della morte.
Perciò non è per scelta mia,
me lo impone la vita,
di fare pure io la fine del poeta.

La fine del poeta


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Uomini, cani e tartufi

Copertina Uomini, cani e tartufi
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Luciano Boselli

Uomini, cani e tartufi

La ricerca di tartufi a Bonizzo e Borgofranco sul Po, ieri e oggi

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Uomini, cani e tartufi. C’è molta scienza ma ancora pochi racconti sulle persone che hanno fatto la storia della ricerca del tartufo. Questo libro è un tributo a chi negli anni ha contribuito con passione ed esperienza a esaltare la trifola locale addestrando cani da tartufo e passando dalla raccolta, alla commercializzazione, al suo uso in cucina e nelle sagre.
Le nuove macchine che scavano in profondità il terreno pregno di concimi e veleni hanno quasi estinto i funghi e le tartufaie naturali in golena e nelle campagne. Il tartufo bianco e il tartufo nero stanno scomparendo, anche i sapori sono cambiati.
Bisogna agire subito. Risolvere il problema della sparizione del tartufo significa migliorare la nostra vita. In conclusione quindi alcune proposte: quanta elettricità può produrre l’acqua del Po che viaggia da Torino fino a Venezia? Cosa c’entra con il tartufo?
A corredo del volume le fotografie e i racconti dei trifolin di Bonizzo e Borgofranco sul Po, che ancora chiedono: «Gh’èla?» incoraggiando il cane a una nuova ricerca.


Fotografia di Luciano Boselli
Biografia di Luciano Boselli

Copertina Uomini, cani e tartufi

Uomini, cani e tartufi di Luciano Boselli

Gh’èla?

Gh’èla? [c’è?] è una domanda, un ordine, un’esortazione. In questa espressione è racchiuso il mondo della trifola, ovvero del trifulin e del suo cane. Gh’èla? è una richiesta che esprime il desiderio dell’uomo di scovare al più presto la pepita ma è anche un ordine secco, uno stimolo al cane perché si impegni di più. Un richiamo che, modulato con toni diversi, racchiudeva e racchiude ancora oggi una storia profonda. C’è un’altra espressione che viene intercalata al Gh’èla?, ovvero In du’èla? [dov’è?]. Quest’ultima però è più di base, di preparazione all’evento che si spera maturi.
Il trifulin e il suo cane sicuramente sono gli attori principali di questa scena. Il cane in particolare sa sorprendentemente interpretare tutti gli umori del padrone e, quasi sempre, ne asseconda le richieste. Qualche volta si distrae o fa semplicemente ciò che più gli interessa, però è sempre sincero perché si esprime con i propri atteggiamenti, con gli occhi e maggiormente con la coda, che rimane tra le zampe quando sa – garantito che lui lo sa e se ne rende perfettamente conto – che non sta ubbidendo ai richiami del padrone. Ma la coda che fende l’aria in orizzontale, più o meno velocemente, è anche il primo segnale evidente per comunicare: ci siamo, preparati! Il cuore comincia a battere più rapido, la voce si carica di emozioni nell’attesa che il naso della bestiola affondi decisamente in un punto preciso del terreno. Poi il mulinare vorticoso delle zampe, che creano in pochi attimi uno squarcio nella terra, da dove si sprigiona il profumo della trifola.

Uomini, cani e tartufi


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Raccolta di poesie (1989-2000) di Girolamo Liggio

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Girolamo Liggio

Raccolta di poesie (1989-2000)

Meditazioni del parroco poeta di Corleone

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Raccolta di poesie (1989-2000) di Girolamo Liggio. Questa silloge raccoglie le meditazioni e le composizioni di monsignor Girolamo Liggio, pubblicate in tre diversi volumi dal 1989 al 2000. Versi scritti per essere trasmessi a chi crede nell’amore del prossimo e ha fede in Dio.

Il “parroco poeta” trascrive ciò che il suo animo sente, quello che un buon pastore ascolta dal suo gregge.

  • In Rivoli d’Amore (1989), la prima delle tre raccolte, descrive il bisogno di ricevere affetto da chi lo circonda per continuare il cammino di pastore.
  • Il secondo volume Fiori sparsi (1990)è dedicato alla madre e alle sorelle che lo hanno fatto crescere protetto dall’amore famigliare, orfano giovanissimo, ponendo le basi della sua vocazione.
  • Nel terzo volume La speranza non delude (2000) si rivolge alla gloria di Dio, da cui si sente attratto giorno dopo giorno e a cui ha dedicato tutta la vita.

Completano la silloge le illustrazioni già presenti nelle edizioni originali e una sezione musicale interattiva con alcuni brani composti in occasione del decimo anniversario della scomparsa dell’Autore.


Biografia di monsignor Girolamo Liggio


copertina Raccolta di poesie (1989-2000) di Girolamo Liggio

Raccolta di poesie (1989-2000) di Girolamo Liggio

Introduzione alla presente edizione

L’idea di raccogliere i tre piccoli libretti di meditazioni e composizioni poetiche di monsignor Girolamo Liggio in unico volume nasce dall’avere colto, nella loro spontaneità e semplicità di stile, un tratto comune: la grande partecipazione emotiva e umana da parte dell’Autore ai vari vissuti dell’esistenza umana.
Se scandagliamo con onestà e con magnanimità nel nostro cuore, forse tutti avvertiamo l’esigenza di sperimentare il rasserenamento e l’umile sicurezza, unitamente a un po’ di calore, di comprensione, di amabile e robusta umanità. E monsignor Liggio ci riesce bene. Se dovessimo esprimere il tutto in un verso, riecheggerebbe così: «Dimmi la verità, ma aiutami a vivere con un po’ di gioia».
Rivoli d’Amore, Fiori sparsi, La speranza non delude vengono così posti tra le mani insieme – in modo sommesso, direi quasi con garbo – con l’unica pretesa di essere a disposizione nell’eventualità di chi volesse ascoltare una voce semplice e allo stesso tempo autorevole, piena di benevolenza, con un fermo e forte ancoraggio alla fede, propositiva nella speranza.

mons. Dario Roncadin

Raccolta di poesie (1989-2000)


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A Aventura Humana de Deus

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Frei Vittorio Infantino

A Aventura Humana de Deus

Edição em papel
eBook Kindle


A Aventura Humana de Deus é a experiência de um homem que viveu na Galiléia. Um homem como somos eu, você, todos nós, os filhos da humanidade.
Esta é uma história de criaturas humanas. Nós que, enquanto habita-mos sobre a Terra, somos tão frágeis, somos, como Ele, uma realidade. Nós e Ele somos humanos. Depois de sua viagem na Terra, nossas trevas são transformadas em luz, nossa estupidez em sabedoria, nossa ignorância em conhecimento, a aridez de nossos corações em amor. Não vivemos mais para nós, mas em uma casa comum, como filhos do mesmo Pai.
Esta é a história que Deus escreveu para a nossa maravilhosa pequenez. É somente uma lembrança fascinante, ou um poema gerado por nossas autossugestões? Por acaso, tudo isto poderá, um dia, salvar o mundo com suas complicadas problemáticas, apavorantes mudanças de humor entre o bem e o mal, o ódio e o amor, e a depressão, compa-nheira de viagem em nosso tempo? Crer e viver pelas premissas do Filho do Homem, dilata o nosso coração e preenche a nossa existência e nosso agir com a pacífica onipo-tência de Deus.
Tendo certeza, pela fé, que buscamos o que, realmente, é, paramos de perseguir o que nós desejaríamos que fosse. Pois, a nossa espera é para algo que já foi realizado e que pode se realizar para cada um de nós. Por que o nosso futuro é fruto da Ressurreição de Cristo e tudo isto já é um começo do Paraíso. Não há nada de mais certo.

A Aventura Humana de Deus


Fotografia Frei Vittorio Infantino

A Aventura Humana de Deus

A Aventura Humana de Deus, Frei Vittorio Infantino

O Ser Humano

Esta história tem início a partir do interior do ser humano, para depois encontrá-lo na plenitude de seu ser, em toda sua estrutura humana: corpo, inteligência, afetos, pensamentos, conhecimentos, amores e alma.
A aventura de uma vida é muito real e não pode ser enganada com uma alimentação sem conteúdo, morrendo assim, por falta de nutrição adequada, sem jamais chegar a seu total e completo desenvolvimento. Ela precisa de alimento físico para o corpo, ciência para a inteligência e espírito para a alma.
Desde sempre o ser humano é o centro do universo. Utilizaram-se fórmulas e sistemas religiosos para sua realização no mundo e, assim, tentou-se saciar sua sede de verdade e de vida.
Quando se pergunta “Afinal o que é o homem?”, as mais variadas respostas são dadas, mas quase nunca se chegou a uma definição real e completa, isto é, a uma definição da vida vivenciada e experimentada. Passaram-se meses, anos, séculos, mas tudo acabou no nada. Responde-se simplesmente: a vida é assim.
Certa vez, um filósofo escreveu uma pequena frase para defini-la: “Penso, logo existo”. Pelo fato de eu pensar, percebo que existo, isto é, sou um ser vivo.
Os antigos já se perguntavam, tendo uma ideia mais cósmica e universal, mas ao mesmo tempo, pessoal e existencial.
“Quando vejo os céus, obras de tuas mãos, a lua, as estrelas que o preenchem, eu me pergunto: o que vem a ser um homem mortal para que Tu, o criador, te lembres dele ou, ainda mais, um filho do homem, para vir em busca dele? Tu o fizeste pouco inferior a um Deus e enriqueceste-o com a glória e esplendor, deste-lhe poder sobre aquilo que Tu criaste, para tudo dominar e dirigir a seu fim”.
Porém, esta história não para, pois não se basta. Existe algo mais interior e infinito neste ser que nenhuma destas tantas riquezas pode saciar.
Assim, ainda na antiguidade, os escritores afirmavam: “Como os animais procuram os rios de água pura, assim a minha alma procura a Ti; ó meu Deus vivo! Quando poderei encontrá-Lo?”.
Mas, não é preciso incomodar a história e sua cultura feita de anseios, procuras e, muitas vezes, falsas respostas, incapazes de apaziguar completamente o coração e a inteligência. Esta sede de verdade é e continuará a ser uma fome eterna.
Durante os meus 54 anos de trabalho sacerdotal e missionário, perguntei sempre a todas as pessoas: qual seria o maior anseio que pudesse saciar esta fome de vida? Todos; pobres, ricos, jovens, velhos, homens, mulheres, repito, todos responderam: ser feliz.
Os pais sonham uma vida feliz para seus filhos. Quem ama deseja uma vida feliz para a pessoa amada e assim é para todos. Por isso, todos querem e procuram Deus sem que o saibam e mesmo sem conhecê-lo. Procuram-no, às vezes, até rejeitando ou negando sua existência. Mas, não é somente isto. Uma outra inquietação ou procura aparece no ser humano: saber e conhecer o porquê das coisas, dos acontecimentos e da vida.
Toda criança, quando chega a uma certa idade, começa a incomodar os pais com os conhecidos por quês. De cada coisa quer saber o porquê. Para todos, isto passa despercebido, mas para quem analisa o ser humano nas suas profundezas ou raízes, esta pergunta o leva a considerar as razões da existência.
As dúvidas e perguntas mais profundas irão chegar quando a própria existência golpear-nos: doenças, fracassos, morte e todo tipo de infortúnio. Precisamos das respostas, a menos que queiramos viver como os avestruzes, enfiando a cabeça na areia, à espera do fim. Mas, alguém pode perguntar: “Por que falar disso, sendo que é tudo óbvio e corriqueiro na vida?”.
Aí está o engano! Por que eu penso, preciso ter a percepção clara, não somente do meu existir, mas devo dar, antes de mais nada, um sentido e uma finalidade a todas as coisas e aos acontecimentos, se não quero ser irracional, o que me levaria ao mesmo nível dos animais e até da matéria, pois não saberia dar um sentido à própria existência.

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A Aventura Humana de Deus


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A Aventura Divina do Homem

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Frei Vittorio Infantino

A Aventura Divina do Homem

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A Aventura Divina do Homem. Para explicar o sentido e o conteúdo deste livro, basta a exclamação de Santo Agostinho quando descobriu Deus dentro de si mesmo: “Tarde te amei, beleza sempre antiga e sempre nova. Tu estavas dentro de mim enquanto eu te procurava fora de mim, nas coisas exteriores, que nem existiriam se Tu não as tivesses criado!”.
Pois é este o eterno anseio de todo ser humano: o infinito e o eterno. Não sou eu e nem você que inventamos esta fome e esta sede, ela está dentro de nós desde que fomos concebidos no ventre materno. Ela é como a inteligência, nós nascemos com ela; embora a dimensão da nossa alma seja, infinitamente, superior a esta.
Deus não seria Deus se não tivesse como matar a sede da alma; seria como uma mulher que gera um filho, mas não é capaz de alimentá-lo: ela nunca será mãe!
Eis, então, que, na história eterna, Deus não vem em socorro do homem, mas se faz homem e comida para todos. Por isso, em Cristo, o Verbo feito homem, o homem e a criação toda, tomam um rumo que chamamos “Redenção”, onde a vida vence a morte; não precisaríamos de mais nada para que haja uma nova esperança, a qual é certeza de vitória.
A cruz se transforma em remédio que gera a vida, pois naquela cruz do Calvário foi vencido e destruído todo e qualquer inimigo do homem. Pela alma, temos sede e ansiamos pelo Deus infinito, o qual pode matar a nossa sede. Pela fé no Deus feito homem, encontramos o caminho que nos leva até Deus.


Fotografia Frei Vittorio Infantino

cover A Aventura Divina do Homem

A Aventura Divina do Homem, Frei Vittorio Infantino

Introdução

Alguns séculos atrás, o homem Hamlet, de uma peça teatral, apanhando uma caveira do chão e olhando fixo nela, disse aquela famosa frase “ser ou não ser, eis a questão”, que ele apresentava sem resposta.
Antes dele, dois mil anos se passaram, e um outro homem, um simples carpinteiro já havia afirmado, respondendo às perguntas do povo: “Quando eu for levantado na cruz, todos saberão que Eu Sou”. Era Ele também um simples homem, mas afirmou o que Javé, na sarça tinha revelado a Moisés que pediu para Ele revelar o seu nome e assim poder se apresentar ao Faraó do Egito para que libertasse o seu povo de Israel. Diga-lhe, respondeu Deus, que não tenho nome, porque “Eu sou aquele que é”.
Em Jesus, Deus feito homem continua esta história do ser, ou melhor, da existência da vida, seja ela material, quanto espiritual; seja visível quanto invisível.
Quando Jesus afirmou a sua identidade, foi em um momento da sua história sobre a terra, na Cruz, quando tudo parecia acabado e definitivamente destruído pelos homens: destruição no corpo pela flagelação, aniquilamento na alma com as trevas no seu espírito (meu Deus, porque me abandonaste); separação definitiva de todos os afetos humanos, diante de sua mãe que assistia impotente aos pés da cruz; abandono dos seus discípulos, aos quais iria confiar o seu reino; gozação dos sacerdotes e do povo que tanto havia beneficiado e, no fim, a própria morte física, para aquele que afirmava ser a própria vida. Verdadeiramente tudo tinha se acabado. Mas Jesus não havia mentido, pois Ele é, e a ressurreição testemunhou a veracidade da sua afirmação.
Diante disso o que se propõe a cada um de nós então, não é mais a pergunta sobre o ser ou não ser, senão algo mais pessoal e íntimo para a identificação da nossa existência: crer ou não crer, eis a questão.
Cada um de nós recebeu a vida gratuitamente, pois nós não éramos e alguém, nossos pais que possuíam a vida biológica, nos transmitiu esta vida, trazendo-nos do não existir para a vida na terra.
Em Cristo, Deus feito homem, somos gerados do não ser para a existência em Deus, vida eterna e divina. Por isto, Santa Teresinha na hora da sua morte biológica dizia: “Não morro; entro na vida”, ela que na sua vida breve sobre a terra tinha vivido na fé daquele que tinha se proclamado “Eu sou a vida”.
Nós também, pelo batismo, somos enxertados nesta vida de Cristo. Mas para tanto é preciso crer que isto é verdade. É como quando descobrimos que possuímos uma inteligência e a desenvolvemos através do estudo até adquirir uma capacidade intelectual ou manual, assim também será para aqueles que acreditam na presença desta vida de Cristo em cada um de nós. Viveremos para que esta vida se desenvolva e chegue à plenitude para poder dizer com São Paulo: “Não sou mais eu que vive, mas é Cristo que vive em mim”. Assim também nós poderemos dizer: “Eu sou, porque Aquele que é, vive em mim, e eu sou, porque Ele é”.
Através das páginas deste livro, em parte traduzidas e em parte ampliadas para uma melhor compreensão, poderemos traçar para nós o perfil da nossa fé, sempre com a presença da Graça de Deus e do Espírito Santo que além de ser a presença de Deus em nós, é também o nosso guia que nos conduz pelos caminhos da Vida.

Aventura Divina do Homem


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Evangelho de Paulo

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Frei Vittorio Infantino

Evangelho de Paulo

Revelado por Cristo ao Apóstolo dos gentios

Edição em papel
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“O que é o Homem, para que Tu, oh Deus, te lembres dele, reza o salmo; o fizeste pouco inferior aos anjos, mas o coroaste de honra e glória”.


Evangelho de Paulo. Este é o grande mistério do homem Jesus, o Cristo, isto é, o ungido e o ponto final de toda a criação e da história. Será a revelação deste mistério escondido durante séculos que fará de Saulo, o perseguidor e justiceiro em nome de Deus, o maior apóstolo de todos os tempos.
Nós todos que não pertencemos ao povo escolhido de Israel, devemos a ele, agora Paulo, o dom precioso de nossa fé em Cristo. Se fomos salvos pelo sangue de Cristo, devemos a Paulo o dom do anúncio deste mistério; foi ele que sacrificou a sua vida para nos transmitir o que viu, ouviu e experimentou na sua pessoa, quem realmente é este Jesus, o carpinteiro: Filho de Deus, mas também da humanidade, a qual pertencemos.
“Quando Deus quis revelar Cristo em mim”, será o seu testemunho; este Cristo em cada um de nós, esperança de nosso futuro, é o seu Evangelho. Este livro quer ser o meu e, penso, o vosso agradecimento a Paulo que nos revela esta verdade.


Fotografia Frei Vittorio Infantino

Evangelho de Paulo

Evangelho de Paulo, Frei Vittorio Infantino

Introdução

Com certeza, uma ou outra pessoa irá se perguntar por que outro livro sobre Paulo de Tarso, quando já existem inúmeros com qualidade maravilhosa, seja no plano teológico seja no histórico.
De fato, a finalidade deste livro é exatamente redescobrir a verdade revelada por Jesus a Paulo sobre a pessoa d’Ele mesmo, o carpinteiro. Isso se quiser definir este texto como “livro”, pois eu não sou um escritor, mas alguém que busca a verdade seja nos acontecimentos como nas pessoas, começando por mim mesmo.
Por isso buscaremos nos fixar no acontecimento do anúncio feito por Paulo e descobrir o segredo deste acontecimento: antes de qualquer coisa, saber de tudo o que ele pregava e depois descobrir a fonte de onde vem todo o seu conhecimento.
1 – Nós nos perguntamos o porquê de Paulo ter ido anunciar Cristo aos pagãos, os quais não conheciam as Escrituras, enquanto seria muito mais fácil anunciá-Lo aos judeus, que já O esperavam havia milhares de anos. De fato, ele começou, logo depois de sua conversão, falando nas sinagogas, para os judeus, mas quando estes não o aceitaram e o expulsaram, foi anunciar Cristo aos pagãos.
Pode parecer então um simples acontecimento que o levou a esta missão; mas não foi bem assim. Não foi uma escolha dele, mas do Espírito Santo, o qual tinha falado: “Deixem de lado Paulo e Barnabé para uma missão, para a qual Eu os destinei”. Os momentos históricos são simples circunstâncias que revelam os projetos de Deus.
Antes, porém, Deus tinha preparado Paulo através de suas revelações.
Aos apóstolos, Jesus, aparecendo na sua pessoa humana, ainda não tinha revelado a sua identidade divina, embora o tivesse sempre afirmado a eles e ao povo: ”Eu sou o caminho, a verdade e a vida; quando for levantado na cruz, todos saberão que eu sou e atrairei todos a mim”, e assim foi em outros momentos. Por isso os apóstolos podiam somente anunciar que o homem Jesus era o Messias prometido nas Escrituras, e para os judeus isto era suficiente, se quisessem acreditar.
Para os pagãos era muito diferente. Eles não sabiam nada das Escrituras e das profecias sobre Jesus, por isto, o próprio Jesus, como descobriremos mais adiante, revelou-se a Paulo, manifestando-se como Ele é, antes de qualquer coisa, Deus, mas sendo também homem, como Deus entra em comunhão com todo ser humano e com o universo criado, realizando assim a salvação que seus deuses não conseguiam alcançar; pois também os pagãos, começando pelos romanos esperavam um salvador: isto se encontra nos escritos e poemas deles.
Sobre este assunto é suficiente o que escrevemos, pois veremos o resto ao longo do livro.

Evangelho de Paulo


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