Novelle italiane lette da William Shakespeare

Scarica l’anteprima in formato PDF

Matteo Bandello

Novelle italiane lette da William Shakespeare

Edizione cartacea
Edizione digitale


Novelle italiane lette da William Shakespeare. Quando Shakespeare lesse queste novelle volle adattarle per metterle in scena. La tradizione inglese difettava di testi in prosa e le opere italiane ben si prestavano alla riscrittura in forma di dialogo teatrale. Inoltre la capacità degli autori italiani di descrivere la vasta gamma di casi in cui si concretizzano il male e la violenza era di sicura presa sul pubblico anglosassone.
Per questa edizione si è scelto di non pubblicare il testo originale di Bandello rivedendolo in una lingua italiana più accessibile, con brevi note di approfondimento e dodici illustrazioni delle scene narrate. Le preziose scelte lessicali, i toni ironici, le ambientazioni tragiche e cupe sono espedienti che rendono queste pagine il dipinto più autentico della storia della nostra letteratura.

L’edizione digitale inoltre include Note e Capitoli interattivi, Notizie recenti sull’autore e sul libro e un link per connettersi alla comunità di Goodreads e condividere domande e opinioni.


[Altre informazioni su William Shakespeare]


Copertina Novelle italiane lette da William Shakespeare

Novelle italiane lette da William Shakespeare

Introduzione

Le raccolte rinascimentali di novelle medievali erano pubblicate per celebrare il signore e la sua corte. Con questa finalità si intrattenevano i lettori, divertendoli con racconti di piaceri sensuali e terreni: i licenziosi toni boccacceschi in queste edizioni cinquecentesche volgevano al cinico, all’osceno; erano più cupe le scene di morte e più cocenti le passioni. A loro volta lo stile e gli aneddoti narrati nella novellistica medievale erano ispirati ai testi classici latini, in special modo alle opere di Seneca, però con una maggior propensione alla descrizione di scene di crudeltà e violenza che nei testi originali erano invece affidate al racconto dei testimoni delle vicende.

La lettura delle novelle non prevedeva profonde riflessioni morali, religiose o politiche, da cui piuttosto cercava di affrancarsi; questo espediente permetteva all’autore non tanto il disimpegno intellettuale quanto una certa ambiguità morale: le scene più scabrose venivano condannate o dileggiate, ma in ogni caso descritte. La soluzione della storia inoltre era spesso frutto del caso (Bandello chiamava le sue novelle casi) più che delle scelte dei personaggi (come avviene invece nel Decameron), di frequente poco propensi all’introspezione psicologica ma capaci di manifestare con grandi gesti le proprie emozioni. Per questi motivi le raccolte di novelle conobbero grande successo all’estero: la platealità delle azioni e delle espressioni dei personaggi narrati incontrava facilmente l’attenzione del pubblico e lo stratagemma dell’ambiguità morale dell’autore superava la censura politica.

Nonostante le continue lotte interne e la sudditanza agli eserciti stranieri, nel Cinquecento la letteratura italiana ha avuto – anche tramite questi componimenti – una predominanza culturale in Europa mai più conosciuta; diverte pensare che da allora sia così che i meno informati ci guardano dall’estero: un popolo passionale e dalla moralità ambigua.

Quando Shakespeare lesse la traduzione inglese di queste novelle volle adattarle per eseguirle a teatro. In effetti la tradizionale produzione letteraria inglese difettava di testi in prosa e la vividezza delle opere italiane ben si prestava all’adattamento teatrale, alla riscrittura in forma di dialogo e a una chiara propensione per la spettacolarità. Inoltre la capacità degli autori italiani di descrivere la vasta gamma di casi in cui si concretizzano il male e la violenza era di sicura presa sul pubblico anglosassone: numeroso proprio perché eterogeneo e trasversale alle classi sociali (a differenza dei teatri italiani, più elitari) ma con una chiara richiesta di poter essere impressionato, meravigliato, condotto alle risa o alle lacrime. Certo la morale elisabettiana non avrebbe tollerato i passaggi più degenerati ed eccessivi. Scrive così Elisabetta Menetti a proposito del saggio di Luigi Marfé sulla poetica della traduzione della novella italiana in Inghilterra:

Il tema dell’ambiguità morale degli autori italiani è centrale per capire la ricezione delle novelle più audaci e popolari nel più rigido clima inglese. La novità, in questo caso, risiede nella accertata convivenza di due tendenze contrapposte: da un lato la “italofobia” con tutto il repertorio polemico sulla degenerazione morale di certe storie italiane; e dall’altra l’“italofilia” che invitava a vedere nel modello italiano un esempio di nobiltà cortese, di modernità civile e di buoni costumi. Ma a parte questa affermazione di convivenza di due tensioni opposte, è interessante la comparazione tra la novella italiana di Bandello (1554-‘73) e la sua versione inglese ad opera di Geoffrey Fenton (Certaine Tragicall Discourses, 1567). Qui si mostrano, scrive Marfè, «le ambiguità con cui l’Inghilterra elisabettiana percepì l’altrove italiano. Per un verso […] vi immaginò la sede di una civiltà superiore. D’altra parte, vi vide il degrado morale di una società incapace di frenarsi, basata su istinti crudeli e inconfessabili», di cui l’opera di Bandello è il massimo esempio […].

[…] Nella libera riscrittura delle novelle, specialmente di quelle bandelliane, il primo scarto è l’eccesso, l’abnorme e il disonesto. Certe riconversioni moralistiche citate erano estranee all’originale ma non del tutto lontane dallo “spirito italiano”. […] Le traduzioni inglesi dimostrerebbero l’irrisolto dilemma dell’esemplarità di un racconto novellistico che presenta caratteristiche opposte al discorso morale. […] La novella italiana, scrive Marfè, ha un valore aggiunto proprio perché offre ai contemporanei «storie più vicine nel tempo, rappresentando, soprattutto nel caso di Bandello, vicende che potevano essere spacciate come reali»1.

È pur vero che da sempre il migliore stratagemma per sfuggire alle maglie della censura per gli autori di commedie e tragedie, Shakespeare fra questi, è stato quello di ambientare i luoghi della narrazione oltre i confini nazionali, più esotici, più estranei, più sicuri.

William Shakespeare non lesse Bandello in lingua originale ma attinse a testi tradotti inizialmente dall’italiano al francese e poi dal francese all’inglese. Anzitutto Bandello scelse apertamente di non utilizzare la lingua toscana, anzi non si pose affatto tale problema. Così scrive introducendo la prima parte delle Novelle:

Io non voglio dire come disse il gentile ed eloquentissimo Boccaccio, che queste mie novelle siano scritte in fiorentin volgare, perché direi manifesta bugia, non essendo io né fiorentino né toscano, ma lombardo. E se bene io non ho stile, ché il confesso, mi sono assicurato a scriver esse novelle, dandomi a credere che l’istoria e cotesta sorte di novelle possa dilettare in qualunque lingua ella sia scritta.

Matteo Bandello, che visse in Francia come vescovo di Agen (1550-’55), fu tradotto in lingua francese da numerosi autori come Francois Belleforest, Bénigne Poissenot, Verité Habanc, Jacques Yver, Pierre Boaistuau. Furono poi autori come Arthur Brooke e William Painter a leggere e tradurre queste versioni (già in parte mondate delle scene più scabrose) in lingua inglese.

Si può affermare che Matteo Bandello fu l’autore di novelle che nel Rinascimento, e nelle decadi successive, conobbe maggiore successo all’estero. Egli era assai abile nel dosare brevi istanze morali da contrapporre ai discorsi meno edificanti dei suoi personaggi; inoltre gli va riconosciuta una certa capacità di comporre racconti con toni assai realistici, tali da rendere i fatti narrati molto verosimili, credibili e quindi di maggiore effetto sui lettori.

Bandello (Alessandria, 1485 – Agen 1561) scrisse più di duecento novelle, nessuna delle quali di propria invenzione. All’epoca non esisteva la proprietà intellettuale e si pensi che financo le traduzioni inglesi a disposizione di Shakespeare erano firmate da autori inglesi che dichiaravano sfacciatamente la propria paternità sulle stesse novelle di Bandello.

Il novellatore piemontese (all’epoca, lombardo) era monaco domenicano, tuttavia non disdegnava né la compagnia delle donne né la vita agiata presso le corti dell’epoca; difatti fu molto amato per la propensione a raccontare storie di forti passioni amorose. Soprattutto fu Isabella d’Este che lo accolse sotto la propria protezione a Mantova dopo che nel 1515 dovette fuggire da Milano conquistata dai Francesi.

Per quel che riguarda la sua produzione di novelle, si distingue per aver aggiunto al canone boccaccesco una breve morale al termine di ogni singolo racconto (misurando con questo artificio la propria ambiguità morale fra i convincimenti dell’autore e quelli dei personaggi narrati). Naturalmente non gli sono estranei i classici, che impiega con appropriatezza: per esempio Catullo per i dialoghi d’amore; Petrarca per i tormenti dell’animo e Ovidio per la descrizione della natura.

Le Novelle furono pubblicate nella prima edizione nel 1554 e presentavano una struttura per l’epoca assai originale: mentre molti autori suoi contemporanei adottavano l’espediente della cornice boccaccesca per poter legare i vari racconti, Bandello tolse del tutto tale cornice e preferì comporre una raccolta potenzialmente infinita; il suo intento era evidentemente quello di raccogliere tutte le novelle conosciute in un’unica opera. Per fare questo escogitò di redigere una raccolta in cui ogni novella fosse preceduta da una lettera con dedica che specificava le circostanze in cui l’autore era venuto a conoscenza della storia, di solito riferita da un interlocutore come “realmente accaduta” così da accentuarne i toni realistici; in sostanza ogni novella godeva di una breve cornice a essa dedicata. Proprio in queste lettere emergeva la familiarità dell’autore con le più importanti corti italiane e con le abitudini cortigiane, poi diffuse in Europa proprio con i toni e i modi bandelliani più che di altri autori italiani.

In conclusione, solo poche considerazioni sul Romeo and Juliet (1592-‘95) di Shakespeare, una delle tragedie più note della storia della letteratura mondiale. Nacque già nel Quattrocento una particolare novella detta spicciolata, con la caratteristica di poter essere pubblicata come testo singolo, senza alcuna cornice; fra queste la Historia de duobus amantibus (scritta con intenti umanistici nel 1444 da Enea Silvio Piccolomini, ovvero papa Pio ii). L’intreccio del dramma era talmente interessante che fu ripreso dai migliori novellieri italiani: Masuccio Salernitano ambientò a Siena la storia di Mariotto e Giannozza nel suo Novellino (1476); Luigi da Porto collocò a Verona la Istoria novellamente ritrovata di due nobili amanti (1530); infine il nostro Bandello con la novella pubblicata in questa edizione e scritta nel 1554 (la nona della seconda parte delle Novelle). Poi fu stampata la traduzione in francese nel 1559 di Boaistuau con il titolo Histoires Tragiques extraites des ouvres italiens de Bandel; la versione inglese The Tragicall Historye of Romeo and Juliet (1562) di Arthur Brooke e infine il libro, letto dal Bardo e assai diffuso all’epoca, The Palace of Pleasure (1567) di William Painter.

In questa intensa storia gli intrecci narrativi sono talmente ben disposti e avvincenti che i personaggi risultano particolarmente caratterizzati, specie in un’epoca in cui normalmente si concepiva il destino dei protagonisti di una tragedia legato più alla Fortuna che alle scelte individuali.

Vi sono evidenti differenze fra l’adattamento scespiriano e la novella di Bandello qui pubblicata. Anzitutto l’intento morale: mentre Shakespeare vuole trasmettere il concetto che l’amore è in grado di superare e risolvere i più violenti conflitti, vera causa del dolore, Bandello si limita a sostenere di voler raccontare tale storia per insegnare ai giovani a non cedere alle passioni, spesso causa di autentici pericoli. Entrambe le versioni sono scritte con un linguaggio che cede volentieri ai doppi sensi e alle volgarità, anche se Bandello tiene un profilo più composto. Talvolta per esigenze sceniche i luoghi del dramma sono stati modificati: per esempio ciò che per Bandello è un vialetto illuminato, in Shakespeare si trasforma nel famoso balcone di Giulietta. Accade similmente con i tempi della narrazione; Bandello svolge la storia in nove mesi e Shakespeare in cinque giorni: nella versione qui pubblicata Romeo partecipa alla festa in maschera a casa Capelletti subito dopo Natale, mentre il matrimonio fra Paris e Giulietta è collocato per l’Assunzione (15 agosto).

Si può dire che il Bardo abbia conservato i personaggi presenti in Bandello, pur cambiandone la psicologia e il carattere. Giulietta e Romeo sono nella versione italiana ben più maturi e disposti alla riflessione rispetto agli adolescenti viziati e impulsivi di quella inglese. I genitori di Giulietta in Bandello sono assai più premurosi, mentre in Shakespeare la vera figura materna per Giulietta è la balia, che nella versione più antica è quasi assente. In Bandello Tebaldo è ucciso da Romeo dopo averlo aggredito, mentre in Shakespeare solo dopo che ha ucciso Mercuzio, il quale peraltro ha una funzione ben più importante che nella novella italiana (come leggerete, Mercuzio ha qui nome Marcuccio ed è menzionato come rivale in amore di Romeo con poche chance, poiché a differenza sua ha le mani gelide!).

Ecco un chiaro esempio di moralità incerta, se non proprio ambigua: frate Lorenzo in Bandello agisce per lo più per preservarsi le grazie dei Capelletti e ha tinte non sempre chiare (Giulietta, non riconoscendo Romeo, accusa il frate di averla baciata); in Shakespeare invece è totalmente positivo. Infine, la differenza più evidente: nella novella italiana Giulietta non beve una pozione, ma muore di crepacuore dopo aver saputo del suicidio di Romeo. E benché al termine della tragedia in entrambe le versioni ritorni la pace tra le famiglie, il Bandello – in modo più realista – conclude affermando che la tregua non durò per molto.

Per questa edizione si è adottata una scelta del tutto eccentrica non pubblicando il testo originale di Bandello ma rivedendo i termini in una lingua italiana più accessibile, di modo che il lettore possa fruire delle tre storie senza uno sforzo eccessivo. Invitiamo i lettori più curiosi a raffrontare i testi originali per le tre novelle; come abbiamo visto, le differenze fra i due testi dicono molto del loro tempo.

Sospesi fra la certezza che non vi sarà mai termine ai conflitti

e l’auspicio che l’amore sia la soluzione alle guerre quotidiane,

pubblichiamo queste tre novelle al termine dell’anno 2019

con l’augurio che questa stessa umanità

possa ritrovarsi legata, nel destino e negli intenti,

dalla consapevolezza che il tempo (che ci separa da queste opere)

e lo spazio (che ci separa dai nostri contemporanei)

non è poi molto.

Quindi comprendiamoci, stiamo assieme,
condividiamo ciò che abbiamo.

Fabio Di Benedetto

Novelle italiane lette da William Shakespeare


ARTICOLI CORRELATI

Peter Pan nei giardini di Kensington

Leggi l’anteprima in formato PDF

James Matthew Barrie

Peter Pan nei giardini di Kensington

Con le illustrazioni originali di Arthur Rackham

Edizione cartacea
Edizione digitale


Peter Pan nei giardini di Kensington. Si resta meravigliati a leggere questo grande classico di J.M. Barrie, certamente una delle fiabe più belle di sempre.
Come in Alice attraverso lo specchio di Carroll si suggerisce il tema della morte come fatto essenziale e connaturato al desiderio di non voler crescere. Il tempo appare con frequenti incursioni per avvertire che non c’è più tempo, e che la meraviglia di cui siamo testimoni presto svanirà.

Il Peter Pan che conoscerete ha solo sette giorni, ha perso per sempre l’opportunità di tornare da sua madre ed è destinato a non crescere relegato nell’infernale limbo dei giardini di Kensington.

Le intense illustrazioni di Arthur Rackham, presenti nella prima edizione inglese e qui ripubblicate a colori e in alta definizione, definiscono con precisione la cifra inquieta e macabra dell’Autore.

L’edizione digitale interattiva include: note e capitoli interattivi; notizie sull’Autore; notizie sul libro; una interessantissima tag cloud del libro e un link per connettersi alla comunità Goodreads, chiedere informazioni e condividere commenti e opinioni.


[Altre informazioni su J.M. Barrie]


J.M. Barrie
 "Peter Pan 
nei giardini di Kensington"

Peter Pan nei giardini di Kensington di J. Matthew Barrie

Nota alla presente edizione

Si resta meravigliati a leggere questo grande classico di James Matthew Barrie, certamente una delle fiabe più belle di sempre. Peter Pan nei giardini di Kensington è un estratto, edito nel 1906, del più voluminoso romanzo L’uccellino bianco (1902), al quale era seguito subito il più noto Peter Pan e Wendy (1904). Sebbene quest’ultima sia probabilmente l’opera più nota di Barrie, abbiamo ritenuto che Peter Pan nei giardini di Kensigton fosse la più interessante.
Come in Alice attraverso lo specchio (1871) di Lewis Carroll si suggerisce il tema della morte come fatto essenziale e connaturato al desiderio di non voler crescere. Il tempo appare con frequenti incursioni per avvertire che non c’è più tempo, e che la meraviglia di cui siamo testimoni presto svanirà. Dunque forse ha ragione lo scrittore contemporaneo Philip Pullman nel sostenere che: «Ci sono alcuni temi, alcuni soggetti, troppo grandi per la narrativa per adulti» e può darsi che l’inquietudine esistenziale di Barrie sia stata scambiata erroneamente per un gioco, forse nelle rappresentazioni più edulcorate di Peter Pan.
All’età di sei anni Barrie pianse la morte in un incidente del fratello maggiore David e per confortare la madre distrutta dalla tragedia prese a vestire come il fratello e ad atteggiarsi come lui, sopprimendo in qualche modo la sua stessa identità di fanciullo. Al contempo fu oggetto di forti pressioni da parte della famiglia perché assumesse già da giovanissimo un atteggiamento adulto e responsabile (la sua stessa madre si era dovuta prendere carico della propria famiglia già all’età di otto anni!).
Non sappiamo se già in tenera età un parte dell’Autore prese irrimediabilmente parte alla cricca dei bimbi sperduti che popolano l’Isola che non c’è; abbiamo però capito che i fanciulli che si perdono di notte nei giardini di Kensington – se non sono tratti in salvo da Peter Pan – dovranno inevitabilmente morire e che prima Kensington e poi l’Isola rappresentano un’Aldilà di cui il nostro Peter è il demone psicopompo che detiene le chiavi d’accesso. Per stessa ammissione di Barrie Peter Pan custodisce un’anima profondamente demoniaca: è una caratteristica propria ad ogni personaggio fantastico descritto in questo romanzo.
Le intense illustrazioni di Arthur Rackham, presenti nella prima edizione inglese dell’opera e qui ripubblicate a colori e in alta definizione, definiscono con precisione la cifra inquieta e macabra dell’Autore. In questa edizione si pubblica inoltre la traduzione in italiano del 1934 di Federico Ageno pubblicata a Firenze dall’editore Bemporad e rivista oggi in poche parti per una maggiore attualizzazione, pur senza togliere all’opera l’allure del secolo scorso.
Il Peter Pan che conoscerete nelle pagine seguenti ha solo sette giorni, ha perso per sempre l’opportunità di tornare da sua madre ed è destinato a non crescere relegato nell’infernale limbo dei giardini di Kensington. Questa pubblicazione viene data oggi alle stampe nel dicembre 2016, un anno in cui episodi cupi e di grande violenza non sono mancati, con il proposito di sottolineare il fastidioso stridore fra i bimbi che non desiderano più crescere e quelli che invece, come ad Aleppo, lottano per la sopravvivenza. Il 2017 non sarà un anno di pace nel mondo e tantomeno ci sarà sollievo per il nostro Paese, sempre più povero e rarefatto culturalmente. Non resta che armarci, come Peter, di buona volontà e di fare il possibile per aiutare il prossimo; nella consapevolezza che solo un’idea di giustizia sociale, e non di ordine, può portare in dote una nuova speranza. Nasciamo tutti quanti nei giardini di Kensington , non esistono differenze nazionali né confini, se non quelli dell’immaginazione.

Fabio Di Benedetto

Peter Pan nei giardini di Kensington


Articoli correlati

Buon Natale e buone feste!

Buon Natale e buone feste!

Anche quest’anno ho preparato un piccolo libricino, disponibile gratuitamente in vari formati. Invio questo messaggio speciale a chi mi è stato vicino e mi ha supportato con fiducia e stima. Se affronterò il 2016 munito di nuovo coraggio, nonostante le tante difficoltà all’orizzonte, sarà soprattutto grazie al vostro sostegno.

Per chi vorrà, invito a sostenere le iniziative in Congo di Mbote Papa (www.mbotepapa.org).

Buon Natale e buone feste!!

Fabio



Il grillo del focolare

Leggi l’anteprima in formato PDF

Charles Dickens

Il grillo del focolare

Edizione speciale Natale 2015
Traduzione di Grazia Pierantoni Mancini

Edizione cartacea
Edizione digitale


Il grillo del focolare. Pare ci sia una tradizione che, da secoli, accomuna popoli di tutti i continenti: raccoglier grilli e custodirli in piccole casette vicino al focolare domestico. Si auspica così il benessere e l’armonia della famiglia e si garantisce prosperità per tutto l’anno. I protagonisti del racconto sono un piccolo campione di umanità: vi commuoverete anzitutto per la giovane figlia di Caleb, i cui occhi non vedono la miseria del padre; susciteranno stima e orgoglio le parole di Gianni Peribingle per la sua piccola moglie e nessuno più del lettore esigerà a gran voce un lieto fine per questa piccola vicenda.
Il grillo del focolare fu pubblicato a Londra nel 1845, qui è pubblicata la singolare traduzione italiana del 1896 di Grazia Pierantoni Mancini. La presente edizione beneficia inoltre di circa venti note non presenti nella versione originale con commenti e approfondimenti inediti.

Questa edizione digitale inoltre include Note e Capitoli interattivi, Notizie recenti sull’autore e sul libro e un link per connettersi alla comunità di Goodreads e condividere domande e opinioni.


[Altre informazioni su C. Dickens]


Charles Dickens, "Il grillo del focolare". Edizione speciale Natale 2015.

Il grillo del focolare di Charles Dickens

Nota alla presente edizione

Pare che ci sia una tradizione che, da secoli, accomuna popoli di tutti i continenti: raccoglier grilli e custodirli in piccole casette vicino al focolare domestico. Si auspica così il benessere e l’armonia della famiglia e si garantisce prosperità per tutto l’anno. Poiché, essendo antica, questa pratica di certo funziona, vogliate accogliere questo breve racconto di Dickens in casa vostra, come mio augurio.

I protagonisti del racconto sono un piccolo campione di umanità, vi commuoverete anzitutto per la giovane figlia di Caleb, i cui occhi non vedono la miseria del padre; susciteranno stima e orgoglio le parole di Gianni Peribingle per la sua piccola moglie e nessuno più del lettore esigerà a gran voce un lieto fine per questa piccola vicenda.

I grilli parlano, si sa, e danno anche buoni consigli se li si sta ad ascoltare. La frenesia quotidiana, i pregiudizi di ogni natura, la gravità dei giorni che verranno distraggono assai bene dall’udire quella voce e in molti come il signor Tacleton diranno: «… Ma perché non uccidete quel maledetto grillo? Io lo avrei già fatto da un pezzo». Il più giovane Pinocchio, per dire, non avrebbe esitato un attimo a schiacciarlo con un martello da falegname.

Il punto è che il grillo non fa proprio nulla, se non ricordarci della sua esistenza, e spetta a noi l’intero compito di procurarci il miglior 2016 possibile. Per chi vorrà, invito a sostenere le iniziative in Congo di Medici con l’Africa

I risultati migliori si ottengono con la collaborazione, famiglia e amici saranno nostro conforto e propulsione anche quest’anno. Un sincero abbraccio a chi ha creduto in me, poiché con quel sostegno edifico i miei giorni.

Fabio Di Benedetto

Il grillo del focolare


ARTICOLI CORRELATI

Gli amanti

Leggi l’anteprima in formato PDF

Matilde Serao

Gli amanti

Edizione cartacea
Edizione digitale


Gli amanti. Matilde Serao pubblicò questi tredici appassionanti racconti d’amore nel 1894, lo stesso anno in cui la sua vita sentimentale subì il duro colpo del tradimento passionale del marito Edoardo Scarfoglio.

L’autrice racconta la storia di tredici amanti, cogliendo in ciascuno un modo diverso di vivere la propria relazione. Ogni breve racconto è in realtà uno scorcio di vita, una rappresentazione possibile dell’amore.

La verità vera è che Massimo Dias ha avuto e avrà molte amanti. E se ve lo dico io, che l’ho amato, che l’amo, che l’amerò sempre, se ve lo dice una donna che è stata amata, che sarà sempre amata da lui, potete crederlo. Egli avrà sempre delle donne; poiché egli è un perfetto amante.

Questa edizione pubblica la versione originale dell’opera aggiungendo alcune note di commento, a beneficio del lettore.

Questa edizione digitale inoltre include Note e Capitoli interattivi, Notizie recenti sull’autore e sul libro e un link per connettersi alla comunità di Goodreads e condividere domande e opinioni.


[Altre informazioni su Matilde Serao]


Matilde Serao, “Gli amanti”.

Gli amanti di Matilde Serao

L’imperfetto amante

Donna Grazia scrive così, di questo suo amante:
La prima volta in cui Nino Stresa mi mancò di rispetto, fu in un ballo. Ero vestita di broccato bianco, quella sera: e il busto del vestito era sostenuto, sulle spalle, da due fascie di brillanti che formavano manica. Egli, Nino Stresa, mi cominciò a guardare, di lontano, poco dopo la mia apparizione nel ballo: e non potei più fare un movimento per passeggiare o per ballare, senza sentire il suo sguardo fermo sovra me. Ora, Nino Stresa ha uno sguardo singolare. I suoi occhi sono semplicemente neri, senz’altro pregio. Ma lo sguardo ha una dolcezza languida e persistente che, talvolta, dopo qualche minuto di contemplazione, pare che si veli di lacrime per una profonda emozione saliente agli occhi dall’imo cuore. Sembra, quando guarda così, Nino Stresa, che tutta la sua anima si dissolva in una intima e malinconica tenerezza, assolutamente contraria alla sua apparenza di bellissimo giovane e di giovane elegantissimo. Vi sono, o pare che vi sieno, in quello sguardo tesori segreti e inesauribili di un sentimento nascosto con gelosa cura e trapelante, solo, in quella dolcezza ostinata e adombrata di lacrime. Tanto che la donna guardata così, da Nino Stresa, dimentica la soverchia, inquietante bellezza dell’uomo, e nella creatura troppo fine e sicuramente corrotta, nella creatura che porta la peggiore delle reputazioni, cioè quella della fatuità, le par di scoprire, dallo sguardo così strano, un orizzonte spirituale che giammai altra donna vide. Io ebbi questa impressione, vivacemente: e, non so perché, impallidii dopo averla avuta. Subito, una curiosità ardente mi accese l’immaginazione: e, probabilmente, i miei occhi, rispondendo a quelli di Nino Stresa, dovettero contenere una interrogazione. Non subito egli si avvicinò a me; io fui costretta a ballare una mazurka e gli passai a poca distanza tre volte. Dio, Dio! che struggimento di dolcezza in quello sguardo, quanto languore malinconico, quanta celata tristezza che si rivelava, quasi inconsciamente! Forse, la interrogazione dei miei occhi dovette diventare più acuta. Discorrendo, fermandosi ogni tanto, voltandosi sempre a ricercarmi, egli si avvicinò a me, facendomi un grande inchino.

Gli amanti


Articoli correlati

I drammi del Natale

A. Ghislanzoni, “I drammi del Natale”.

Amazon .MOBI (http://goo.gl/Yz2RVM)


[Other books by A. Ghislanzoni]

Questo estratto è parte della raccolta di racconti Libro allegro pubblicata da Tipografia editrice lombarda nel 1878 e raccoglie un breve scritto umoristico di Antonio Ghislanzoni, scritto in occasione del Natale. Nell’edizione originale non era presente la suddivisione per capitoli, che ho qui introdotto. È pubblicata nella collana Fiori di loto la versione completa del Libro allegro, con annotazioni non previste nell’edizione originale ma che ho ritenuto necessario introdurre a vantaggio del lettore per una migliore comprensione del testo: l’autore prende in prestito termini e usanze dall’ambiente operistico e utilizza vocaboli ed espressioni ormai desueti e assenti oggi dal dizionario della lingua italiana.

Spero che questa mia proposta editoriale faccia sorridere un po’, nella convinzione che per l’anno incipiente un pensiero critico maturo e diffuso possa evitarci di fare la fine del pollo.

Capitoli:

  • Nota alla presente edizione
  • Notizie sull’autore
  • I drammi del Natale
    Lettera di Nasella a Sperongiallo
    Lettera di Sperongiallo a Nasella
    Nasella a Sperongiallo
    Sperongiallo a Nasella
    Nasella a Sperongiallo
    Sperongiallo a Nasella
    Fido a Diana

Le due città

Leggi l’anteprima in formato PDF

Charles Dickens

Le due città

Edizione cartacea
Edizione digitale


Le due città. Charles Dickens pubblicò questo fortunatissimo romanzo storico nel 1859 sulla rivista inglese da lui fondata «All the Year Round». Da allora, questo libro conobbe un enorme successo, vendendo oltre 200 milioni di copie in tutto il mondo.La narrazione segue le vicende dei personaggi del romanzo durente l’epoca della Rivoluzione francese sia nel primo momento rivoluzionario e anti-aristocratico sia nel periodo successivo, del terrore, con l’interessante riferimento, per analogia e sincronia, con quanto avveniva nello stesso tempo in Inghilterra.
Si tratta dell’unico romanzo storico scritto da Dickens, oltre a Barnaby Rudge. L’Autore, con drammatica ironia, suggerisce al lettore quanto oscuro e tragico possa divenire l’animo umano se costretto dal bisogno e libero dai più comuni paradigmi sociali.
E’ anzitutto di un avvertimento dell’Autore all’aristocrazia inglese dell’Ottocento.

La presente edizione ripubblica la versione originale dell’opera, così come stampata nel 1859. L’edizione digitale inoltre include Note e Capitoli interattivi, Notizie recenti sull’autore e sul libro e un link per connettersi alla comunità di Goodreads e condividere domande e opinioni.


[Altre informazioni su Charles Dickens]


Charles Dickens, “Le due città”.

Le due città di Charles Dickens

1. Il periodo

Era il tempo migliore e il tempo peggiore, la stagione della saggezza e la stagione della follia, l’epoca della fede e l’epoca dell’incredulità, il periodo della luce e il periodo delle tenebre, la primavera della speranza e l’inverno della disperazione. Avevamo tutto dinanzi a noi, non avevamo nulla dinanzi a noi; eravamo tutti diretti al cielo, eravamo tutti diretti a quell’altra parte — a farla breve, gli anni erano così simili ai nostri, che alcuni i quali li conoscevano profondamente sostenevano che, in bene o in male, se ne potesse parlare soltanto al superlativo. Un re dalla grossa mandibola e una regina dall’aspetto volgare sedevano sul trono d’Inghilterra; un re dalla grossa mandibola e una regina dal leggiadro volto, sul trono di Francia. In entrambi i Paesi ai signori dalle riserve di Stato del pane e del pesce era chiaro più del cristallo che tutto in generale andava nel miglior ordine possibile e nel più duraturo assetto del mondo.
Era l’anno di Nostro Signore millesettecentosettantacinque. In quel periodo, felice al pari di questo, erano concesse all’Inghilterra delle rivelazioni spiritiche. La signora Southcott aveva raggiunto da poco prosperamente il suo venticinquesimo anniversario, e la sua sublime apparizione era stata annunciata da un soldato profetico della Guardia del Corpo con la predizione che tutto era pronto per lo sprofondamento di Londra e di Westminster. Lo spettro di Cock-lane taceva soltanto da dodici anni precisi, dopo aver conversato a furia di picchi, appunto come l’anno scorso quegli spiriti, che, con una sovrannaturale mancanza d’originalità, si misero anch’essi a conversare a furia di picchi. Semplici messaggi di natura terrestre erano giunti ultimamente alla Corona e al Popolo inglese da un congresso di sudditi britannici in America, ed essi, strano a dirsi, si dimostrarono più importanti per il genere umano di quante comunicazioni si fossero mai ricevute per mezzo di qualche spirito della stessa genia di quello di Cock-lane.
La Francia, dopo tutto meno favorita in fatto di materie spiritiche, di sua sorella dallo scudo e dal tridente, scivolava facilmente giù per la china, stampando carta moneta e spendendola. Sotto la guida dei suoi pastori cristiani, si dilettava, inoltre, d’imprese così umane da condannare un giovane ad avere le mani recise, la lingua strappata con le tenaglie, e il corpo ad esser arso vivo, perché non s’era inginocchiato riverente nella pioggia a una sudicia processione di frati, che gli passava davanti, a una distanza d’una cinquantina o una sessantina di passi. È abbastanza probabile che, quando quell’infelice fu suppliziato, già crescessero degli alberi nei boschi di Francia e di Norvegia, contrassegnati dal boscaiuolo il Destino, per essere abbattuti e segati in tante tavole da comporne un apparato mobile, fornito di un sacco e una lama, terribile nella storia. È abbastanza probabile che sotto le rozze tettoie di alcuni coltivatori delle gravi terre intorno a Parigi lo stesso giorno stessero al riparo dal cattivo tempo, rudi carri, sudici di fango campagnuolo, annusati intorno intorno dai porci e visitati dai polli, che la Morte falciatrice, aveva già designati come i veicoli della Rivoluzione. Ma quel boscaiuolo e quella falciatrice, benché lavorino continuamente, lavorano in silenzio, e nessuno li sentì aggirarsi col loro passo feltrato; tanto più che sospettar che fossero in faccende sarebbe stato tradimento ed empietà.

Le due città


Articoli correlati

Viaggio sentimentale di Yorick lungo la Francia e l’Italia

Leggi l’anteprima in formato PDF

Laurence Sterne

Viaggio sentimentale di Yorick lungo la Francia e l’Italia

Tradotto e annotato da Ugo Foscolo

Edizione cartacea
Edizione digitale


Viaggio sentimentale di Yorick lungo la Francia e l’Italia. Adottando il nom de plume “Didimo Chierico”, Ugo Foscolo traduce e annota il romanzo di Laurence Sterne, il quale

«[…] assumendo il nome di “Yorick”, antico buffone tragico, volle con parecchi scritti, e singolarmente in questo libricciuolo, insegnarci a conoscere gli altri in noi stessi, e a sospirare ad un tempo e a sorridere meno orgogliosamente su le debolezze del prossimo».

Questo racconto, che descrive l’esperienza turistica di Sterne di un viaggio di sette mesi fra la Francia e l’Italia per motivi di salute, si colloca con originalità fra la classica Letteratura di viaggio e il romanzo. Sterne abdica frequentemente alla tecnica del reportage e si dedica piuttosto a sé e ai propri sentimenti, con ironia e commozione.

La presente edizione, riveduta e corretta, ripubblica la versione originale dell’opera, così come stampata nel 1813. Questa edizione digitale inoltre include Note e Capitoli interattivi, Notizie recenti sull’autore e sul libro e un link per connettersi alla comunità di Goodreads e condividere domande e opinioni.


[Altre informazioni su Ugo Foscolo]

[Altre informazioni su Laurence Sterne]


L. Sterne, “Viaggio sentimentale di Yorick lungo la Francia e l’Italia”. Tradotto e annotato da Ugo Foscolo.

Viaggio sentimentale di Yorick lungo la Francia e l’Italia di L. Sterne

I.

A questo in Francia si provvede meglio — diss’io.
— Ma, e vi fu ella? — mi disse quel gentiluomo; e mi si volse incontro prontissimo, e trionfò urbanissimamente di me.
— Poffare! — diss’io, ventilando fra me la questione — adunque ventun miglio di navigazione (da Douvre a Calais non si corre né piú né meno) conferiranno sí fatti diritti? Vo’ esaminarli. — E, lasciando andare il discorso, m’avvio diritto a casa: mi piglio mezza dozzina di camicie, e un paio di brache di seta nera.
— L’abito che ho indosso — diss’io, dando un’occhiata alla manica — mi farà.
Mi collocai nella vettura di Douvre: il navicello veleggiò alle nove del dí seguente: e per le tre mi trovai addosso a un pollo fricassé1 a desinare – in Francia – e sì indubitabilmente che, se mai quella notte mi fossi morto d’indigestione, tutto il genere umano non avrebbe impetrato che le mie camicie, le mie brache di seta nera, la mia valigia e ogni cosa non andassero pel droit d’aubaine2 in eredità al re di Francia – anche la miniatura ch’io porto meco da tanto tempo e che io tante volte, o Elisa3, ti dissi ch’io porterei meco nella mia fossa, mi verrebbe strappata dal collo. – Vedi scortesia! E questo manomettere i naufragj di un passeggiere disavveduto che i vostri sudditi allettano a’ loro lidi – per Dio! Sire, non è ben fatto: e sí che mi rincresce d’avere che dire col monarca di un popolo tutto cuore e sí incivilito e cortese e sí rinomato per la gentilezza de’ sentimenti.
Ma tocco appena i vostri domini.

Viaggio sentimentale di Yorick lungo la Francia e l’Italia


Articoli correlati

I Divoratori

Leggi l’anteprima in formato PDF

Annie Vivanti

I Divoratori

Edizione cartacea
Edizione digitale


“CARO SELVAGGIO, IO SONO UNA DELLE “DIVORATE”. NON ESISTO PIÙ. LA MIA PICCOLA ANNE-MARIE MI HA DIVORATA. ED È GIUSTO, ED È BELLO, ED È SANTO CHE SIA COSÌ. ESSA MI HA CONSUMATA, E IO NE SONO LIETA. ESSA MI HA ANNICHILITA E IO NE SONO RICONOSCENTE.
POICHÉ È QUESTA L’ETERNA LEGGE, INESORABILE E MAGNIFICA: CHE A QUESTE VITE DATE A NOI, LA NOSTRA VITA DEVO ESSERE DATA.
E IO – COME TUTTE LE MADRI – ESTASIATA E A GINOCCHI, DO LA MIA VITA ALLA CREATURA INCONSCIA CHE LA ESIGE”.
«ERA UN GENIO LA SUA PICCOLA ANNE-MARIE? QUELLA CREATURINA TENERA E GAIA COME UN UCCELLETTO SELVATICO, ERA ESSA UNO DEI DIVORATORI?».

La protagonista di questo romanzo colto e raffinato di Annie Vivanti affronta le proprie ambizioni di donna: l’emancipazione sociale, le amicizie, gli amori e il sacrificio di esser madre; ovvero la scelta di donarsi totalmente a una piccola vita nuova.

Questa edizione ripubblica il romanzo originale in una nuova versione corretta e riveduta.
L’edizione digitale interattiva include: note e capitoli interattivi; notizie sull’Autore; notizie sul libro; una interessantissima tag cloud del libro e un link per connettersi alla comunità Goodreads, chiedere informazioni e condividere commenti e opinioni.

[Altre informazioni su Annie Vivanti]


Articoli correlati

L’Illustrissimo

Leggi l’anteprima in formato PDF

Alberto Cantoni

L’Illustrissimo

Con una prefazione di Luigi Pirandello

Edizione cartacea
Edizione digitale


Dirò soltanto che qui il Cantoni, con predominio quasi assoluto dell’elemento fantastico, fa a suo modo – cioè col suo metodo artistico – opera di critica sociale, trattando il problema dell’assenteismo, del disinteressamento e dell’ignoranza dei signori delle loro proprietà rurali e della vita dei contadini, da cui pur traggono, senza saper come né in qual misura, il reddito pei loro ozii cittadineschi più o meno delicati. L’Illustrissimo è il signore, il padrone, pei contadini della Lombardia: il padrone ch’essi non han mai veduto, e che si figurano tiranno spesso spietato attraverso il fattore ladro e parassita, con cui trattano; non si fanno perciò scrupolo di frodarlo come e quanto più possono. […] I contadini ch’egli mette in iscena sono studiati, dunque, a uno a uno dal vero e ritratti nella loro indole, nelle loro passioni, nei loro pregi e nei loro difetti con meravigliosa efficacia. La trovata originalissima rende poi oltre modo gustoso il romanzo.

Luigi Pirandello

Questa edizione, riveduta e corretta, è corredata di alcune note esplicative e di approfondimento, a vantaggio del lettore, per una maggiore attualizzazione di questo bellissimo romanzo.

L’edizione digitale inoltre include Note e Capitoli interattivi, Notizie recenti sull’autore e sul libro e un link per connettersi alla comunità di Goodreads e condividere domande e opinioni.

[Altre informazioni su Alberto Cantoni]


Articoli correlati