Marco Sutti
L’Amuleto e il Druido
Edizione cartacea
Edizione digitale
L’Amuleto e il Druido. Quando la Conoscenza si trasforma in un Dio della morte, è in grado di distruggere la mente umana e mandarla nel limbo.
In un oggetto di bella fattura e apparentemente privo di magia si annida un oscuro signore, padrone di tutto il sapere; chi lo detiene è capace di grandi cose, può diventare padrone dell’universo. L’amuleto è conteso da un demone, che vuole possederlo per ridurre in schiavitù l’intera razza degli uomini. Riuscirà il giovane druido Heron, assieme al maestro Godric, a unire le forze del Bene e difendere la Terra dalla distruzione?
L’edizione digitale inoltre include Note e Capitoli interattivi, Notizie recenti sull’autore e sul libro e un link per connettersi alla comunità di Goodreads e condividere domande e opinioni.




L’Amuleto e il Druido di Marco Sutti
I. Il villaggio
471 d.C.
La catena montuosa di Slieve Bloom, una delle più antiche d’Europa, custodiva una valle protetta da morbide colline ricoperte da boschi di abeti, bianchi tronchi di betulle e da querce maestose che da secoli raccontavano la loro storia.
Sulla sponda di un rivo d’acqua pura si estendeva un terreno più pianeggiante e fertile dove si era insediato un piccolo villaggio di poche anime che vivevano in armonia. La sola via d’accesso per il paese era costituita da un ponticello in muratura formato da un unico arco, che sovrastava il corso d’acqua. Quel passaggio era un particolare rifugio quando eravamo bambini e giocavamo spensierati a nascondino nelle vicinanze del villaggio, evitando di inoltrarci nell’oscurità del bosco. Il piccolo sentiero che arrivava al ponte portava verso est, cioè verso il mare, che già a quell’epoca veniva solcato dalle navi dei Vichinghi.
A parte il primo tratto, che risultava ben delimitato e ampio, una volta entrato nel groviglio selvaggio della foresta lo stradello diventava impervio e più stretto.
Le poche case del villaggio erano costruite con una particolare pietra che proveniva dalla cava locale, distante un solo miglio. Questo materiale era il più importante prodotto che scambiavamo con i villaggi limitrofi, dei quali il più vicino si trovava minimo a dieci miglia: per raggiungere quel mercato il cavallo impiegava almeno due giorni a trainare il carro con la merce. Generalmente gli altri borghi adoperavano il legno di abete o di quercia per costruire le loro case; in molte realtà continuava a essere così, soprattutto per chi abitava in pianura. Di certo chi stava in altura, oltre a essere più protetto, era pure il più fortunato: la pietra che si estraeva in quei luoghi era molto richiesta e costosa, si poteva vendere convenientemente al miglior offerente e con il ricavato acquistare qualsiasi alimento e indumento.
Proprio per la presenza di materiale pietroso nella vicina cava, il nome del villaggio era Artus-kill, ovvero Pietra del Killeen, il nostro corso d’acqua.
Al centro dell’unica piazza del borgo era collocata la statua di un importante druido vissuto ancor prima dell’avvento dei Romani, che avevano solo lambito l’isola senza occuparla militarmente, anche se le avevano dato un nome: Hibernia. Alcuni legionari smarriti o in ricognizione s’inoltrarono sino alle nostre case nell’entroterra; qualcuno morì in battaglia, qualcun altro si stabilì definitivamente nel villaggio. Fu grazie ai pochi Romani che scelsero di vivere in questi luoghi se il nostro piccolo borgo si modernizzò e diventò molto più sicuro e potente. Infatti la tecnica di utilizzo della pietra per costruire le abitazioni del villaggio si era sviluppata soprattutto per le contaminazioni con altri popoli, tecnicamente più avanzati.