Blu di Chartres

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Cristiano Pedrini

Blu di Chartres

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La nuova Europa che uscirà dalla guerra avrà bisogno di idealisti e sognatori, come Jari e di persone coraggiose come lei, caro Edler…

Blu di Chartres. Il tenente della Wehrmacht Edler von Daniels giunge a Bratislava senza immaginare che non sarà la guerra, scatenata dalla Germania, a sconvolgere la sua esistenza. Il suo senso del dovere verrà messo a dura prova dall’incontro con Jari Nyberg, il nuovo console di Svezia, un giovane che non accetta di essere costretto nelle rigide regole del protocollo e della diplomazia, scatenando timori ed incertezze in chi lo circonda.
Il carattere irruente di Jari e la sua ironia mal sì addicono a quello sguardo, capace di mostrare un tono ceruleo dall’intensità così perfetta da indurre a far credere al giovane ufficiale tedesco che il cielo sia disceso in terra. Il loro incontro li costringerà a superare la reciproca diffidenza, alimentando la speranza che potranno vivere, a guerra finita, in un mondo assai diverso.

L’edizione digitale inoltre include Note e Capitoli interattivi, Notizie recenti sull’autore e sul libro e un link per connettersi alla comunità di Goodreads e condividere domande e opinioni.

Biografia di Cristiano Pedrini

Copertina Pedrini Blu di Chartres

Blu di Chartres di Cristiano Pedrini

I. La fine del ballo

La Buick nera si infilò tra le altre vetture parcheggiate ordinatamente nell’ampio cortile antistante il giardino, arrestandosi subito dopo.  Il cofano nero della piccola automobile, con le insegne del comando tedesco, era illuminato dalla luce che oltrepassava le grandi vetrate del palazzo che gli donava un’insolita lucentezza.

Ne scesero due ufficiali. Mentre il primo osservava con evidente curiosità l’edificio e il parco circostante, il secondo sembrava non darsene importanza. Eppure, quella residenza che si affacciava sull’elegante via Uzov non era un luogo qualsiasi.

I due uomini si incamminarono in modo spedito verso l’ingresso della residenza presentandosi al valletto in attesa, che li introdusse in un mondo che sembrava lontano migliaia e migliaia di chilometri da Praga.

I grandi lampadari di vetro e ottone illuminavano, come nei tempi felici, la sala dei ricevimenti dell’ambasciata, mostrando la ricca volta affrescata i cui colori, in parte rapiti dal tempo, avrebbero necessitato di un importante intervento di restauro. Tuttavia, bisognava ammettere che quello non era il periodo più adatto per realizzare certi progetti, figuriamoci pensarci; non con i rumori assordanti della guerra che, seppur ancora lontana, non faceva mai dimenticare la sua tremenda e ingombrante realtà. Una presenza che le numerose divise dell’esercito presenti a quel ballo di gala rammentavano ai presenti.

Il colonnello Thomas Rainer terminò il secondo calice dell’ottimo rosé, continuando ad osservare l’ambiente che aveva attorno da dietro le sue piccole lenti rettangolari, molto più consone a un professore universitario che a un colonnello pluridecorato appartenente all’élite delle SS.

Il ballo d’autunno che ogni anno l’ambasciata organizzava era considerato, anche in quei tempi difficili, un’occasione unica e irripetibile per gli alti papaveri della società cecoslovacca di mostrarsi compatti e sicuri del proprio ruolo. Ma anche il comando tedesco dava a quel ballo la medesima importanza, ricordando a tutti che la presenza nella capitale dell’esercito del III Reich, era un’ombra che poteva in ogni modo e tempo avvolgere chiunque fosse ritenuto colpevole di non dimostrare sufficiente collaborazione alla vittoria finale, o che complottasse per minare il rapporto di amicizia che legava i due Paesi.


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Il piano inferiore

C. Pedrini, "Il piano inferiore"
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Cristiano Pedrini

Il piano inferiore

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Il piano inferiore. «Può un pesciolino domare uno squalo?». Per Charles Spencer Hoynes la risposta a questa domanda arriverà dopo l’incontro insolito e fortuito con Mathis Owen, un giovane avvocato fresco di laurea. La sua presenza lo costringerà ad ammettere che oltre ai suoi metodi spregiudicati può esistere anche un altro modo di vivere la sua professione, opponendosi con pazienza, perseveranza e con voce gentile alle ingiustizie.
Immersi in una candida Washington imbiancata dalla neve, i due giovani impareranno che non sempre è facile amarsi e accettarlo, può far paura. Ma sotto la neve e alla vigilia del magico Natale, tutto può essere possibile!

L’edizione digitale inoltre include Note e Capitoli interattivi, Notizie recenti sull’autore e sul libro e un link per connettersi alla comunità di Goodreads e condividere domande e opinioni.


Biografia Cristiano Pedrini

C. Pedrini, "Il piano inferiore"

Il piano inferiore di Cristiano Pedrini

Catapultato in paradiso?

Quattro anni di università chino su libri e dispense, innumerevoli notti insonni, una lista interminabile di fine settimana sacrificati e molte occasioni sfumate. Ecco riassunto in poche parole il risultato della carriera studentesca di Mathis al quale aggiungere due anni di specializzazione e il superamento dei test della scuola di legge e, infine, quell’unico ma fortunato stage in uno studio legale, quello di Horace Hasting, un caro amico di famiglia che si era offerto di fargli muovere i primi passi nel mondo dell’avvocatura.

«E ora eccomi qui» commentò ad alta voce Mathis, fissando quello stanzino nel quale avrebbe voluto morire e lasciare il suo epitaffio sostituendo quella targhetta di cartone appesa precariamente con del nastro adesivo accanto alla porta. Chi l’aveva scritto perlomeno non aveva sbagliato il suo nome, Mathis Owen, anche se aveva usato un discutibile color verde.

«E ora cosa racconterai a tua nonna quando ti chiederà del tuo primo giorno di lavoro?» chiese poggiando le spalle alla parete e rivolgendo lo sguardo al lungo corridoio illuminato da alcune lampade al neon che irradiavano una luce spenta dove, sul fondo, intravedeva la rampa di scale dalla quale era sceso pochi minuti prima.

La sua lunga discesa verso gli inferi… letteralmente e realmente parlando.

Quel magazzino che a giudicare dalla polvere sparsa un po’ ovunque non era molto frequentato, era l’ultimo angolo vivibile del palazzo. Si tolse dalla tasca dei pantaloni il biglietto che aveva ricevuto nell’atrio dove era scritto il numero di piano e della stanza. Ecco il suo benvenuto in quell’elegante palazzo, in una fredda mattina di dicembre. Un benvenuto anonimo e che aveva immaginato assai diverso.

Strinse il biglietto nella mano, chiuse gli occhi e batté ripetutamente il capo contro la parete prima di desistere pensando che un mal di testa non avrebbe migliorato la sua situazione.

Varcò la soglia del suo ufficio avvicinandosi alla scrivania di legno che, a giudicare dal suo piano, aveva visto seduti dietro a essa generazioni di avvocati, probabilmente tutti passati a miglior vita. Posò la sua valigetta accanto a una lampada d’acciaio. Una pila di cartellette vuote e un portapenne di plastica altrettanto vuoto, erano le uniche cose che vedeva.

Fu la vista di quel grande scaffale che arrivava fino al soffitto, carico di libri, tutti con la copertina di color marrone chiaro, che attirò la sua attenzione. Si avvicinò e ne sfilò uno. Gli bastò sfogliare le prime pagine per accorgersi che si trattava di raccolte di leggi. Lesse la data di stampa impressa sul frontespizio. «1909… Ne avete di anni» sorrise il ragazzo alzando lo sguardo verso i ripiani superiori.

«Voi sarete utili ma… – sospirò ritornando alla scrivania – senza un computer come pensano che debba lavorare?» si domandò grattandosi il capo.

«Te lo porteranno entro sera» sentì pronunciare alle proprie spalle.

Mathis si voltò repentino trovandosi davanti a un uomo di mezza età che stava spingendo all’interno il carrello delle pulizie.

«E lei chi… chi è?» balbettò il giovane.

«Colui che occupava questo posto fino a ieri e che ora dovrà trovarne un altro per la sua pausa pranzo» rispose l’uomo togliendosi un berretto sudicio con l’emblema della Nasa, mostrando una prospiciente calvizie.

Si asciugò la fronte ampia con il suo fazzoletto prima di sedersi nell’unica sedia davanti alla scrivania.

«Beh, mi spiace averle guastato i piani» obiettò Mathis oltrepassando il mobile, aprendo i cassetti per appurare se fossero vuoti, trovandoli sporchi.

«E tu che cosa ci fai qui?»

«Ci lavoro, mi hanno assunto oggi» rispose il ragazzo.

«Tu saresti un avvocato?» rise l’uomo.

«È così divertente?» osservò Mathis battendo nervosamente le dita sul piano della scrivania.

«Quanti anni hai?»

«Ventitré, perché?»

«Curiosità. Te ne avrei dati diciassette, forse diciotto» sorrise l’altro, prendendo dal piano del carrello un sacchetto. Estrasse una ciambella e ne addentò un pezzo. «Ne vuoi una?» chiese porgendogli sbrigativamente la busta.

«No, grazie. Ma visto che lei è qui potrebbe approfittare per ripulire la mia scrivania.»

«Sono in pausa, tuttavia… – rispose l’uomo lanciandogli uno straccio dal ripiano inferiore del carrello – puoi provvedere tu stesso e se vuoi dello sgrassatore…» aggiunse, indicando un flacone che conteneva un liquido biancastro.

Mathis lo afferrò svogliatamente. Ne spruzzò una dose abbondante sul piano del tavolo e vi passò energicamente il panno. «Grazie, signor…?»

«Theodore, come Roosevelt» gli disse, masticando con gusto l’ultimo boccone. «Ti piaceva?»

«Chi, Roosevelt?» replicò il ragazzo.

«Ho letto diverse sue autobiografie. Era un tipo molto deciso e capace. Mi piaceva, anche se tu magari non sai neppure chi fosse.»

«So benissimo chi era» obiettò Mathis, fissandolo malamente.

«Oh, scusa… Sai, tutti i ragazzini come te, cresciuti a pane e smartphone, sanno poco o nulla della nostra storia.»

«Non io» sospirò il ragazzo.

«E come pensi di dimostrarmelo?» lo sfidò Theodore, incrociando le braccia al petto.

Mathis tolse dalla tasca della giacca il suo telefono e lo posò sulla scrivania attendendo una reazione che non sarebbe di certo tardata. Vide Theodore allungarsi verso il mobile fissando quell’oggetto con evidente curiosità.

«Cos’è quest’affare?»

«Un telefono» rispose Mathis allargando le braccia.

«Mai visto una cosa simile…»

«È un vecchio Nokia. Serve solo per telefonare e scambiarsi sms, tutto qui.»

Il piano inferiore


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I sentieri di Hibiki

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Cristiano Pedrini

I sentieri di Hibiki

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I sentieri di Hibiki. Hibiki e Chris sono finalmente felici e insieme. Il ragazzo che ha rubato il cuore del brillante avvocato londinese tuttavia non riesce a stare lontano dai guai.

Un passato scomodo, una proposta indecente: riuscirà Hibiki a proteggere chi ama senza distruggere il suo stesso cuore?

Questo terzo volume della saga dedicata a Hibiki racchiude una preziosa riflessione sulle discriminazioni fisiche, sessuali, sociali, in una Londra cupa, bellissima e senza scrupoli.

L’edizione digitale inoltre include Note e Capitoli interattivi, Notizie recenti sull’autore e sul libro e un link per connettersi alla comunità di Goodreads e condividere domande e opinioni.

Questo romanzo è il seguito dei precedenti Le regole di Hibiki (2016) e Buon Natale Hibiki (2016).


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I sentieri di Hibiki di Cristiano Pedrini

Regola numero ventisette. Dopo una vacanza, tornare con calma alla quotidianità

«Vuoi una mano a disfare la valigia?» domandò Owen accostandosi al letto dove a malapena, sommerso da ogni genere di indumenti, si scorgeva il trolley color grigio perla.

«Non dirmi che tu hai già finito?!» osservò sconsolato Hibiki cercando di piegare alla meglio alcune magliette colorate posandole vicino a una alta pila di boxer.

«Certo che sì! Sei un vero disastro quando si tratta di rimettere in ordine!» replicò il ragazzino aiutandolo a togliere dalla valigia gli ultimi indumenti.

Nello spostare un cardigan notò qualcosa che era rimasto sul fondo.

«Dimmi… – sorrise maliziosamente – hai presente la tua macchina fotografica, che hai cercato per tutta la camera d’albergo e che credevi di aver perso, tormentandoci per tutto il viaggio di ritorno?» asserì mostrandogliela.

Il viso abbronzato del fratello maggiore dopo pochi attimi di sorpresa si sollevò trattenendo la gioia nel rivedere l’oggetto. Fu una felicità che lo riportò alla vigilia di quella vacanza, quando insieme a Owen e a Chris aveva trascorso due settimane indimenticabili in un paradiso di cui solo pochi attimi prima di ricevere quell’inaspettato regalo dal suo compagno neppure immaginava l’esistenza.

Si ricordava ancora di quella sera.

Aveva oltrepassato la soglia del bagno asciugandosi i capelli ancora umidi, dopo essersi concesso una doccia calda. Si era incamminato verso la camera sedendosi ai piedi del letto, mentre con la coda dell’occhio cercava di mettere a fuoco qualcosa che era posata sul suo cuscino: si trattava di una scatola di colore rosso.

Si era rialzato in piedi raggiungendo la testata del letto, si era chinato e dopo essersi levato il cappuccio dell’accappatoio si era deciso a prenderla. Vinta l’esitazione aveva sollevato il coperchio della scatola, ma un’espressione perplessa si era impossessata del suo viso. Posato il curioso oggetto sul piumino, ne aveva estratta una camicia hawaiana dai colori sgargianti con stampata una discutibile fantasia di palme. La sua attenzione era scivolata su una busta rimasta sul fondo. Si era seduto lasciando l’indumento sulle gambe, l’aveva presa e aperta sperando che contenesse l’agognata risposta alle sue domande.

Ma la sua fiducia era sfumata rapidamente trovandosi a osservare alcune immagini di un luogo a lui del tutto sconosciuto.

I sentieri di Hibiki


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Buon Natale Hibiki

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Cristiano Pedrini

Buon Natale Hibiki

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Buon Natale Hibiki. Per Hibiki Cole quello è che sta per vivere è il suo primo Natale sereno. Dopo essersi lasciato alle spalle una vita difficile e aver trovato lavoro allo studio legale di Chris Page, ora desidera con tutto se stesso che questi giorni di festa siano per lui e per le persone a cui vuole bene uno spartiacque tra passato e futuro.
Ma i ricordi si alterneranno a nuovi e insoliti incontri, che faranno riemergere il suo modo di essere e di affrontare la vita.

L’edizione digitale inoltre include Note e Capitoli interattivi, Notizie recenti sull’autore e sul libro e un link per connettersi alla comunità di Goodreads e condividere domande e opinioni.

Questo romanzo è parte della serie su Hibiki, assieme a I sentieri di Hibiki (2017) e Le regole di Hibiki (2016).



Copertina  "Buon Natale Hibiki"

Buon Natale Hibiki di Cristiano Pedrini

21. Non saper mentire… a volte non è un difetto!

Era l’albero di Natale più grande che avesse mai addobbato, alto oltre due metri; i rami verde intenso occupavano una buona parte della sala d’attesa. Hibiki ancora pensava alle imprecazioni dei due operai che a fatica avevano trascinato l’albero fuori dall’ascensore e rimesso in piedi, per accorgersi poi che lo spazio destinato non era sufficientemente ampio.

Insieme a Janice aveva spostato altre poltrone per fargli spazio e ora il monumentale abete si ergeva proprio accanto alla scritta Page & Hewitt, scolpita nel legno chiaro che rivestiva la parete.

«A quanto pare ce l’abbiamo fatta! – riconobbe Hibiki fissando l’opera compiuta – quando Chris mi ha detto che aveva scelto l’albero di Natale per l’ufficio non immaginavo che sarebbe arrivato questo mostro!»

«Sai quanto al nostro capo piaccia stupire…», gli ricordò la giovane segretaria posandogli accanto una grande scatola di cartone.

«Già», sospirò profondamente lui inginocchiandosi e aprendo il pacco.

Con la coda dell’occhio vide Janice indossare il suo cappotto amaranto tanto vistoso eppure perfettamente in linea con il resto del suo abbigliamento – che neppure il compagno osava criticare – non sempre appropriato in uno studio legale.

«Sei sicuro di voler fare da solo? Potrei fermarmi ancora un po’ se…», fece Janice.

«Fila via! Tua madre arriverà alla stazione tra mezz’ora e hai promesso di andare ad accoglierla», ribatté il ragazzo togliendo le decorazioni e iniziando ad appenderle ai folti rami dell’abete, dopo aver dato uno sguardo all’orologio appeso alla parete sincerandosi dell’orario.

Janice si abbottonò il pesante indumento e chinandosi su Hibiki lo baciò sulla guancia.

«Cosa farei se non ci fosse il mio fattorino preferito?»

«Tormenteresti qualcun altro!», rispose prontamente il ragazzo.

Hibiki udì i passi di Janice allontanarsi velocemente verso l’ascensore e quando le porte della cabina si richiusero dietro alla ragazza ebbe la certezza di essere rimasto solo.

In quell’antivigilia di Natale non c’era più nessuno in ufficio, anche Gregory era partito per una breve vacanza; lui invece aveva voluto rimanere. Non solo perché attendeva Chris di ritorno da alcuni appuntamenti di lavoro, ma soprattutto perché non appena lasciava libera di pensare la sua mente subito si trovava davanti a un’ininterrotta serie di ricordi degli ultimi Natali passati, prima che nell’arco di poco tempo la sua vita e quella di suo fratello Owen venisse stravolta. Ora invece cercava di combattere quelle memorie, in gran parte dolorose, con quel presente nuovo e appagante sebbene non potesse evitare di scorgere ancora l’ aleggiare di qualche nuvola nera. Desiderava a tutti i costi che quel Natale fosse bello, perfetto e indimenticabile. Lo voleva per Owen, il quale ora poteva permettersi di tornare a vivere un’adolescenza che si avvicinava alla normalità; lo voleva per Chris, che dopo anni di solitudine aveva accolto lui e il fratello nella propria vita con quella sua incredibile semplicità che riusciva sempre a disarmarlo…

Immerso in questi pensieri non si accorse del tempo trascorso, fino a che non appese l’ultima pallina di vetro di colore rosso coronando quel paziente lavoro. Fece alcuni passi indietreggiando per osservare meglio il frutto delle sue fatiche.

L’addobbo dell’abete era ormai terminato e ora, ammirandolo immerso nel silenzio dell’ufficio, gli venne in mente il giorno in cui passeggiando con Chris si erano trovati vicino alla cattedrale di Saint Paul.

Quella mattina i cumuli di neve fresca brillavano sotto i raggi del tenue sole che illuminava la città, lasciando che i riflessi dei cristalli donassero agli alberi che si innalzavano in quella grande area verde a nord dell’edificio, una luce che li faceva risaltare tra il grigiore dei palazzi circostanti.

Hibiki si era fermato proprio davanti a uno di essi osservando la targhetta posta su un ceppo: Abete di Vancouver aveva letto a voce alta, sollevando poi lo sguardo all’albero.

«Viene dal Canada. Però, ne ha fatta di strada per arrivare fino a qui», aveva commentato alitando sulle mani nel tentativo di riscaldarle.

Sotto i suoi occhi erano comparsi un paio di guanti di pelle. Voltandosi, aveva incontrato il viso sorridente di Chris.

«Te l’avevo detto che stamattina faceva più freddo del solito, ma tu come al solito non mi hai ascoltato»

«Guarda che non sto di certo congelando», aveva replicato Hibiki con supponenza.

Il giovane avvocato si era accostato alle sue spalle, abbracciandolo.

«No di certo, altrimenti sarei costretto a scaldarti come…»

«Speravo che l’arrivo del Natale ti rendesse meno perverso del solito!» lo aveva zittito Hibiki, ma non aveva potuto evitare che il compagno gli infilasse, con delicatezza, i guanti.

«Mamma chioccia ha fatto la sua buona azione quotidiana», aveva borbottato il ragazzo senza volersi realmente sottrarre a quella stretta. In fondo non era più necessario nascondere la loro relazione dopo aver lasciato lo studio di Bethany.

«Comunque lo sai che ci sono solamente trentatré specie di alberi nativi dell’Inghilterra ma a causa di vari eventi geografici e storici adesso, solo in questa città, ne esistono più di duecento specie diverse?», gli aveva detto Chris.

«Una conseguenza del nostro girovagare per il mondo – aveva osservato il giovane compagno mentre riprendevano il cammino lungo il vialetto – Ma dimmi, visto che siamo in tema, perché non abbiamo ancora un albero di Natale in ufficio?»

Il ragazzo aveva proseguito per pochi metri prima di accorgersi di essere rimasto solo. Voltandosi aveva notato l’espressione perplessa del compagno, che dopo essersi infilato le mani nelle tasche del pesante cappotto nero aveva scosso ripetutamente il capo: «Hibiki Cole, assomigli a una di quelle caramelle che dopo averle scartate e assaggiate ci si accorge che il gusto è totalmente diverso da quel che ti aspettavi…»

«Scusa, ma questa intensa metafora cosa vorrebbe significare?», aveva risposto aggrottando la fronte e fissandolo malamente mentre si incamminava verso di lui. «Non ti è chiaro? Significa che ogni volta che credo di aver capito come sei, tu sveli un’altra piccola parte di te che ti rende dolcissimo».


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Le regole di Hibiki

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Cristiano Pedrini

Le regole di Hibiki

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Le regole di Hibiki. Hibiki ha una vita difficile alle spalle e un fratellino malato di cui prendersi cura. Si prostituisce per necessità, finché trova lavoro allo studio legale di Chris Page, tra i maggiori avvocati della city. La relazione fra i due si fa presto intima, Chris non sa resistere a quello sfacciato ragazzino a cui non mancano certo coraggio e orgoglio.
Molti però sono gli ostacoli, Hibiki capirà ben presto che per sopravvivere in un mondo ostile dovrà seguire le proprie regole.

L’edizione digitale inoltre include Note e Capitoli interattivi, Notizie recenti sull’autore e sul libro e un link per connettersi alla comunità di Goodreads e condividere domande e opinioni.

Questo romanzo è parte della serie su Hibiki, assieme a I sentieri di Hibiki (2017) e Buon Natale Hibiki (2016).


Biografia di Cristiano Pedrini

Le regole di Hibiki di Cristiano Pedrini

Regola numero uno: improvvisare

Il giovane si appoggiò al bancone della reception porgendo un timido saluto che l’addetto, nella sua elegante divisa color porpora, contraccambiò sorridendogli. Ormai quest’ultimo conosceva bene quel ragazzo dall’aspetto sciatto che, periodicamente, entrava nella hall dell’elegante albergo, per raggiungere la suite presidenziale.

“É già arrivato… mi ha pregato di dirti di salire subito”, gli disse indicando gli ascensori.

Il ragazzo annuì. Infilò le mani nelle tasche dei jeans e raggiunse l’ascensore attraversando l’immenso atrio, a quell’ora praticamente deserto. Difficilmente in altri orari sarebbe potuto passare inosservato dinnanzi al via vai di clienti facoltosi: l’avrebbero sicuramente squadrato dall’alto in basso.

Ora invece sapeva che non avrebbe incontrato nessuno e, quando le porte della cabina si aprirono davanti ai suoi occhi, si vide riflesso nello specchio che ricopriva la parete interna dell’ascensore.

Varcò la soglia pigiando distrattamente il pulsante dell’ultimo piano.

Mentre sentiva la cabina salire speditamente, rimase con lo sguardo fisso sulla sua immagine. Si passò le mani tra i capelli corvini che gli coprivano parte della fronte, evidenziando i suoi occhi verdi. Quella tonalità così insolita, simile al colore degli smeraldi più puri. La gemma amata fin dai tempi di Cleopatra e che l’antica sovrana d’Egitto adorava.

Una storia che sua madre, da sempre appassionata di quel periodo storico, gli aveva raccontato più volte. Non gli bastava averlo chiamato con quel nome assurdo, pensò il ragazzo sorridendo al ricordo, aveva rincarato la dose con quel nomignolo… Hibi Green… che ripeteva in continuazione, davanti a parenti o a perfetti sconosciuti. Forse molti dei suoi complessi infantili derivavano proprio da quel tipo di atteggiamenti, che in qualche modo aveva involontariamente subito.

Si massaggiò il viso, toccandosi gli sparuti peli della barba… non se la faceva da quasi due settimane anche se, dopotutto, non aveva notato poi molta differenza rispetto a quando si radeva quotidianamente.

Quando le porte si riaprirono si voltò velocemente, avviandosi attraverso il lungo corridoio che portava alla suite. Lo percorse meccanicamente: era un tragitto che aveva imparato a memoria, immerso nella quiete della sera. Ormai conosceva ogni particolare del disegno che ornava la lunga passatoia di color avorio che lo stava accompagnando a destinazione.

Si arrestò davanti alla doppia porta, racchiusa in un pesante ed elaborato stipite di gesso bianco. Bussò tre volte ed entrò senza attendere alcuna risposta, come era abituato a fare.

La suite era deserta, illuminata soffusamente dalle lampade poste su alcuni tavolinetti di radica, che infondevano un senso di discrezione e al tempo stesso di opacità e di immaterialità a quell’ambiente sfarzoso.

Un appartamento da quattrocento sterline a notte. Il suo amico si era trattato sempre bene e non aveva mai voluto cambiare il luogo dell’appuntamento.

Oltrepassò il largo tappeto persiano che ricopriva gran parte del pavimento di marmo, fino a raggiungere il letto a baldacchino. Si sedette sul fondo in attesa, incrociando le braccia.

Non era certo la prima volta che si trovava in quel luogo, tuttavia il suo disagio era sempre lo stesso che aveva avvertito fin dall’inizio. Sentiva il suo cuore battere sempre più velocemente sapendo che, in fondo, essere in quella stanza lo faceva sentire sporco.

Sporco non tanto verso se stesso quanto verso colui che, per l’ennesima volta, aveva ingannato per ritrovarsi lì.

All’improvviso qualcosa gli chiuse gli occhi, gettandolo nell’oscurità.


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