Il Dedalo di Vauban

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Enrico Grossi

Il Dedalo di Vauban

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Il Dedalo di Vauban. Marco Bosio, solo e non più nel fiore degli anni, riceve l’incarico di portare un carico di vino in Francia, ma il navigatore impazzisce e il mezzo finisce fuori strada.
Da quel momento Marco entra in un dedalo circolare, dove il tempo inflessibile corre in una inquietante giostra d’avvenimenti. S’accorge di essere un pezzo sacrificabile della scacchiera, in un mondo che non immaginava nemmeno esistesse. Il finale di partita non sarà del tutto positivo.

L’edizione digitale inoltre include Note e Capitoli interattivi, Notizie recenti sull’autore e sul libro e un link per connettersi alla comunità di Goodreads e condividere domande e opinioni.


[Biografia di Enrico Grossi]


Copertina Il Dedalo di Vauban

Il Dedalo di Vauban di Enrico Grossi

Prologo

Marco Bosio aveva superato la metà dei quarant’anni: troppo vecchio per trovare un nuovo lavoro, dopo averlo perso a causa della crisi, ma troppo giovane per la pensione. In questa Europa dell’euro, come molti suoi coetanei, si ritrovava privato delle sicurezze che si avevano un tempo, con un bel pacco di attestati e diplomi – carta straccia – e un furgone Iveco usato, acquistato nel tentativo di avviare un’attività in proprio, sul procinto di chiudere.

La speranza di trovare un lavoro, riposta in un annuncio su un social network, veniva regolarmente disattesa. Marco teneva sotto costante osservazione il suo profilo su quel particolare social creato qualche lustro prima da uno studente universitario americano, un certo Mark Zuckerberg; originariamente destinato esclusivamente agli studenti dell’Università di Harvard, si era diffuso rapidamente anche fra le altre facoltà della zona di Boston, per poi raggiungere tutto, o quasi, il mondo. La scatola magica aveva cambiato profondamente molti aspetti legati alla socializzazione e all’interazione tra individui, sia sul piano privato che su quello economico, commerciale e lavorativo.

Tutti i giorni, all’avvio del computer nel suo piccolo studio, la prima videata che compariva aprendo il browser di navigazione internet era quella del social. Poi la casella di posta elettronica e infine il resto. La posta era invasa da valanghe di mail di agenzie del lavoro; inserzioni per lo più fasulle che spediva direttamente nel cestino.

Marco aggiornava continuamente il suo profilo. Pubblicava foto di ogni tipo. Chiedeva amicizie e, quando venivano concesse, scriveva presentazioni di se stesso e del suo lavoro sulle bacheche. Le risposte erano per lo più generiche e questo aumentava la sua tensione e lo stress dell’inattività. Restava solo per ore in quella stanza davanti al monitor del computer.

Quando staccava, cercava rifugio e compagnia nei libri, ma i pensieri e le preoccupazioni gli occupavano a tal punto la mente che era costretto ad abbandonare la lettura di quelle storie che in altri tempi avrebbe divorato.

Da tempo – dalla morte dei suoi genitori – non aveva più legami parentali. Conduceva una vita solitaria: vedeva gli amici ogni tanto al bar, durante interminabili serate di partite a carte e calcio in pay-tv, che alla lunga lo annoiavano. Tornava così davanti al computer a cercare, senza un criterio preciso, una notizia, un messaggio, che potesse cambiargli la vita in meglio.

Il Dedalo di Vauban


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Biografia di Enrico Grossi

Copertina Incubi e Immagini

Incubi e Immagini. Racconti impossibili di Enrico Grossi

Vendetta

Quanto odiava quella quercia! L’aveva messa a dimora suo nonno prima che nascesse suo padre, da almeno un secolo stava lì, da quando la casa era ancora un cascinale con attorno i campi e non era stata ancora aggiunta la parte davanti. Nel trascorrere degli anni, l’albero era cresciuto a dismisura, raggiungendo dimensioni spropositate. Si ergeva proprio al centro del cortile, dove le radici espanse nel sottosuolo ostacolavano ad Antonio l’accesso al garage con il camioncino. Allo stesso modo faceva la parte alta: i rami con la loro vigoria stavano raggiungendo i davanzali della sua camera da letto. La pianta era troppo vicina alla casa, quando tirava il vento il grattare delle propaggini lo teneva sveglio per notti intere. Perciò non era solo una questione di spazio. Di solito si appisolava verso l’alba, giusto in tempo per essere destato dagli uccelli: decine di passeri, cince, cardellini, fringuelli a primavera nidificavano su quel vegetale. Quella dannata quercia era un condominio popolato di pennuti. Non ultima seccatura le foglie, con il vento cadevano sulla strada antistante coprendo il marciapiede, s’ era già preso una minaccia di multa dai vigili urbani dato che tutte le volte che tirava un po’ di brezza, per evitare sanzioni doveva armarsi di ramazza per pulire.

“Ti sego poi kaput sarai legna da ardere” pensò Antonio ad alta voce, quel mattino fresco, soleggiato d’ inizio estate. Aveva urtato con il paraurti del furgone contro il tronco, mentre usciva per andare al lavoro. La quercia naturalmente non rispose, però ebbe un fremito mentre il furgone sgommava via, con il fanalino della freccia posteriore toccando la corteccia andò in frantumi.

Su quella pianta si basava gran parte della storia della sua famiglia. Quante volte aveva visto suo nonno prima, suo padre poi, da soli o con le mogli trascorrere ore sulla panchina nel cortile, all’ombra di quei rami. Leggevano, osservavano il sole giocare tra le foglie. Oppure ascoltavano il canto degli uccelli nei loro nidi. Anche lui, nei primi tempi del suo rapporto con Angela, vi aveva trascorso qualche momento d’intimità, il ricordo non alleggeriva il suo odio.

“Questa Quercia deve restare, Antonio, è nata con questa casa. Mi raccomando conservala, curala…”

Gli aveva raccomandato il padre fino agli ultimi istanti di vita.

Adesso, i genitori erano entrambi morti, viveva con Angela in quella casa, non si sentiva più vincolato da promesse passate: la quercia era diventata un parente scomodo,  reclamava il suo diritto ad espandersi.

Incubi e immagini


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