Bettino garibaldino per amore

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Antonio Romano

Bettino garibaldino per amore

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Bettino garibaldino per amore. Nel mezzo dell’XIX secolo la rivoluzione garibaldina preoccupa i ricchi proprietari terrieri fedeli ai Borboni e fomenta tanti ragazzi nelle campagne del Sud disposti a perdere la vita per difendere Garibaldi e liberare l’Italia. La passione e l’orgoglio porteranno il giovane Bettino a crescere in fretta per difendere l’onore dell’amata Claretta; attraverso i suoi occhi emerge la nostalgia per una tradizione contadina ormai passata e il desiderio di affrancamento da una società violenta e reazionaria.
Il romanzo porta il lettore a immedesimarsi nei protagonisti e a recuperare certi valori umani persi con il tempo e che l’Autore intende trasmettere e preservare. Poiché per tutti la cosa più importante che alla fine rimane è l’amore.

L’edizione digitale inoltre include Note e Capitoli interattivi, Notizie recenti sull’autore e sul libro e un link per connettersi alla comunità di Goodreads e condividere domande e opinioni.


Biografia di Antonio Romano

Copertina Bettino garibaldino per amore

Bettino garibaldino per amore di Antonio Romano

Il piccolo Bettino

Gli occhietti fissi sui tacchi delle scarpe, il piccolo Bettino, sei anni, seguiva i passi del padre che davanti a lui si inerpicava per il ripido sentiero che li avrebbe portati in cima al paese.

Correva l’anno del Signore 1854, erano i primi giorni di settembre a quell’ora di presto mattino la nebbia era talmente fitta che Attilio stava ben attento a non fare qualche passo in più per non mettere in difficoltà il piccolo che, nonostante le raccomandazioni, avrebbe potuto perdere di vista i tacchi delle sue scarpe.

Attilio, fattore del barone don Camillo, compiva quel tragitto tutte le mattine alla stessa ora per consegnare al suo padrone il recipiente metallico di latte fresco appena munto.

Ad attenderlo davanti all’antico portone di legno coperto da pesanti borchie di ferro e sormontato dallo stemma del casato scolpito su uno scudo di pietra trovava messere Guglielmo, che a gambe divaricate – posto sopra i cinque gradini che precedevano l’entrata al palazzo – dominava con autorità il momento della consegna del latte da parte del fattore.

Saliva i primi tre gradini e consegnava all’armigero il recipiente pieno e ritirava quello vuoto per la mattina successiva; tra i due nessun saluto, nessuna parola. Guglielmo imponeva il suo atteggiamento severo ad Attilio per ricordargli ogni volta che doveva temerlo più del padrone stesso.

Quella mattina Bettino era contento, papà gli aveva promesso che quanto prima lo avrebbe portato con sé a consegnare il latte. A un tratto la nebbia svanì di colpo e il ragazzino alzò gli occhi sul viso del padre, il quale posò a terra il paniere di vimini che portava assieme al latte, lo prese in braccio e disse: «Guarda…».

Il piccolo girò la testa per guardare all’indietro e i suoi occhi si riempirono di stupore: una spianata bianca uniforme era davanti a lui. Era la seconda volta che saliva in paese, riconosceva intorno a sé il luogo da dove il padre per la prima volta gli aveva indicato la grande certosa di San Lorenzo giù in fondo ai piedi del paese, e poi più lontano nella pianura la loro casa e quella vicina di Gennarino.

Ora non si vedevano più, erano al di sotto della distesa di bianco spiegava Attilio: «Così è il mare, tutto di acqua, e un giorno ti ci porto a vederlo» disse ancora mentre Bettino con il cervellino volava sulle ali della fantasia.


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Invisibile come il pitone paziente come il leopardo

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Thalia Ganotakis

Invisibile come il pitone
paziente come il leopardo

Fuga dalla guerra in Congo, sulle tracce della propria famiglia

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Invisibile come il pitone paziente come il leopardo. L’istinto è la voce dell’anima: previene, suggerisce e protegge. Julien è a Roma uno stimato pediatra ma desidera seguire le tracce della sua famiglia da quando in tenera età è scappato dalla guerra in Congo assieme alla sorellina, nascondendosi nella stiva di un aereo diretto a Bruxelles. Raccoglie il filo d’oro che lo lega alla sua terra e con la moglie torna nel Kivu per portare aiuto ai bambini e alle donne maltrattate.

Nella savana il leone si abbevera accanto alla gazzella prima della caccia; così la popolazione civile convive con i gruppi armati ribelli che da troppi anni predano le enormi ricchezze del Congo. Una tragedia umanitaria in cui il pianto di un bambino si trasforma nel ruggito di un leone.

L’edizione digitale inoltre include Note e Capitoli interattivi, Notizie recenti sull’autore e sul libro e un link per connettersi alla comunità di Goodreads e condividere domande e opinioni.


Biografia di Thalia Ganotakis

Copertina Ganotakis Invisibile come il pitone

Invisibile come il pitone paziente come il leopardo di Thalia Ganotakis

Capitolo uno

13 novembre 1994,

Bruxelles, Aeroporto internazionale

Erano quasi le cinque e mezzo del mattino. A bordo del Boeing 347 della Air Sabena proveniente da Kigali i passeggeri appisolati si destavano svegliati dalle luci che all’improvviso si erano accese lungo il corridoio. Incominciava il frenetico andirivieni: chi si alzava per sgranchirsi le gambe; chi tentava di svincolarsi dalle poltrone scavalcando la fila per raggiungere i bagni; chi si faceva da parte per agevolare il passaggio. Qualche minuto più tardi seguiva l’annuncio delle assistenti di volo, determinate a ristabilire un certo ordine per poter passare con il carrello della prima colazione. Il lungo viaggio stava volgendo al termine nel sollievo generale.

Improvvisamente, interrompendo quel viavai, dagli altoparlanti echeggiò la voce rauca del comandante Jacky Renoir per il suo ultimo commiato, da protocollo in vista dell’imminente atterraggio.

«Signori e signore buongiorno, sono il comandante Renoir. Fra venti minuti saremo atterrati all’aeroporto internazionale di Zaventem dopo un volo di otto ore e quindici minuti. Spero abbiate fatto un buon viaggio. La temperatura esterna è di cinque gradi Celsius e il cielo è nuvoloso. Vi prego di mantenere le cinture allacciate fino all’arresto completo dei motori. Vi auguriamo una buona permanenza, sperando di ritrovarvi ancora a bordo delle nostre linee».

Decollato la sera precedente da Kigali, capitale del Rwanda, e dopo aver fatto scalo a Entebbe in Uganda, l’aereo ora aveva intrapreso la fase di discesa; man mano che perdeva quota addentrandosi nei nuvoloni scuri il velivolo sobbalzava per le turbolenze delle forti correnti.

Avvolta quasi tutto l’anno nelle nubi, Bruxelles è spesso flagellata da forti venti nordici e attraversata dalle intemperie; le fasi di atterraggio sono delicate ma per piloti incalliti come Jacky Renoir e Félix Vanloo quelle operazioni erano parte della solita routine di volo.

«Finalmente siamo a casa, Félix – disse il comandante Renoir rivolgendosi al collega – Ora sì che possiamo tirare un sospiro di sollievo! Non so se e quando sarà il nostro prossimo volo in Rwanda».

«Non credo che rivedremo Kigali tanto presto» rispose Félix Vanloo con l’aria di chi la sapeva lunga.


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