Follie da interni

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Salvatore Daniele

SADA. Follie da interni

Poesie e aforismi

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Follie da interni. Seconda raccolta di poesie e aforismi in cui Sada, con provocatorio sarcasmo, tratta la follia come preziosa alleata per contrastare la depressione.

Conoscevo il dolore dell’angoscia nei chiarori della speranza umiliata. Mi intrattenevo con la depressione e il suo allegro suicidio. Che sia io il folle a venire fuori dal folle labirinto.

L’edizione digitale inoltre include Note e Capitoli interattivi, Notizie recenti sull’autore e sul libro e un link per connettersi alla comunità di Goodreads e condividere domande e opinioni.


Biografia di Salvatore Daniele

Copertina Follie da interni

Follie da interni di Salvatore Daniele

IL SENSO DEL PENSIERO ASSASSINO

Deciso avevo il niente scrivere

l’invadente intrigante che avessi in mente, sfacciato.

Alle parole dar vestito, accanimento straziante del nulla

che nel tutto fluttuava dandomi martirio, riempendo il vuoto.

Di scrivere avevo deciso quindi,

scrivere, scrivere… e parole scrivere.

Urlo nel muto suono, al dio assassino, le bestemmie mie

che a morte mi condannò nel farmi nascere.

Parola pennellar, in fila porla, l’altra dopo la precedente,

del senso in percezione che leggendole

impresse mi apparissero

in risposte certe

dall’immaginazione sulla dipinta tela.

Avevo deciso e cazzo, quindi parolo io,

quel cazzo che mi pare scrivendo!

Siffatto subdolo malessere manifestava sì nel cervello mio

l’ipocrisia ambigua, in asfissiante spossatezza martellante.

E cazzo, ero deciso, dovevo io impadronirmene,

sputtanarlo in siffatta petulante follia

che omicida volesse fottermi, certo ne sono io.

Deciso ero, deciso avevo di essere deciso di indeciso non essere!

Vomitevoli scritte parole elaboravo

di lussuria profumandole,

a esserne fottuto bramavo.

Non mi fido di te perché poi possa tradirmi tu

per essermi fidato io di me.

Nell’essere cinico, leale sarò,

sprezzante nel prendere ciò che mi piace,

arrogante nel darti ciò che più ti piace,

se mi piace.

Dai bugiardi impulsi miei

prendendo i tuoi e facendoli miei, ti proteggerò.

Nei sentieri dell’avidità tua ti condurrò,

sodomizzandone pensiero al carnale piacere tuo,

rendendolo mio.

Alla seduzione dell’indecenza ti preparerò

e di questa ti vestirò spogliandoti.

E quando di te avrai goduto della chiave mia del niente,

nel nulla il tutto,

indiviso e minuzioso il colore,

pregna sarai dell’onda uscita dal mare,

che del mare è.

Allora sì, avrò parolato il senso dell’orgasmo tuo,

la schiuma sulla riva.

Che parole siano queste a dire ciò

che in percezione, sensazione ho.

Carnalità seduttrice,

il vocabolo mio, sia strumento al pensiero tuo,

prima di stringerlo tra le gambe.

Partorisco pulsioni rubate al nulla del niente

che in parole il senso hanno del pensiero,

il tutto del niente.

Rimini, 30 luglio 2018.


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Il mostro che ho nella testa

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Sabrina pinna

Il mostro che ho nella testa

Prefazione di Chiara Canu

Edizione cartacea
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Il mostro che ho nella testa. Un grande buio offusca la mia mente: il “mostro” ti chiamo io, distorci la realtà, con mille artigli laceri ogni certezza e mi costringi alla lotta tra il reale e l’artefatto. Il mio corpo sotto l’effetto dei farmaci si deforma e non si capisce se vivi solo nella mia testa, perché lo specchio ti mostra anche da fuori.
Questa è la mia malattia, la depressione, la solitudine, il buio. Da qui riparto perché ho pensato spesso di poter fare il viaggio da sola e ogni volta invece facevi capolino da un ricordo, da un odore o più semplicemente passavi e mi salutavi illudendomi di aver abbandonato la mia mente. Invece no: ero io che ti tenevo per mano.

L’edizione digitale inoltre include Note e Capitoli interattivi, Notizie recenti sull’autore e sul libro e un link per connettersi alla comunità di Goodreads e condividere domande e opinioni.


Biografia di Sabrina Pinna

Copertina Il mostro che ho nella testa

Il mostro che ho nella testa di Sabrina Pinna

Lettera a mio padre

Quando sei arrivato ero piccola, vivevo in una famiglia modesta, avevo due sorelle più grandi, desideravo tanto il loro amore, l’unicità; ma ero piccola rispetto a loro, così innamorate l’una dell’altra, chiuse in un grande cerchio invalicabile.

Le guardavo spesso con grande malinconia, avrei tanto voluto far parte anch’io di quel cerchio magico, ma mi sentivo diversa già allora.

Studiavano, cantavano, parlavano come avessero passato assieme mille e mille vite; mentre io giocavo ancora con la mia bambola dalle trecce rosse, nel giardino sotto la grande pianta dell’albicocco, dove mi piaceva stare seduta sulla terra nuda a costruire case con le foglie che cadevano leggere.

Stavo lì, la schiena appoggiata al grande tronco mi dava sicurezza e gli insetti che passavano erano miei amici.

Erano così belle e so che mi volevano un gran bene, a modo loro, ma al tempo sentivo solo un gran senso di solitudine.

Giorno dopo giorno la solitudine si trasformò in malinconia e tu sei arrivato silenzioso a porgermi ciò che in apparenza mi mancava, con grande gentilezza ed eleganza ti sei proposto in alternativa alla realtà. Quale errore commisi il giorno in cui accettai la tua amicizia!

Un grande buio offusca la mia mente, ma non abbastanza da renderla incapace di credere nella luce: il “mostro” ti chiamo io, distorci la realtà con i tuoi mille artigli capaci di lacerare ogni certezza e costringermi a una lotta possente tra il reale e l’artefatto.

Questa è la mia malattia, la depressione, la solitudine, il buio.

Da qui riparto, perché ho pensato spesso di poter fare il viaggio da sola e ogni volta invece facevi capolino da un ricordo, da un odore o più semplicemente passavi e mi salutavi illudendomi di aver abbandonato la mia mente. Invece no: ero io che ti tenevo per mano.

Per questo che ti trasporto sulla carta, per darti confini in cui sarai costretto a restare per sempre, dei limiti che nella testa non esistono.

Creerò un luogo tutto per te e lì rimarrai, la mia vulnerabilità sarà conclamata ma non temo il giudizio, sono stata già condannata e uccisa tante di quelle volte che la morte, anche lei, è diventata mia amica.

Vivi in ogni cellula del mio corpo e della mia anima. Continui a mettermi in ginocchio, mi tieni la testa bassa. Ancora una volta provo a rialzarmi, mi hai costretto per così tanto tempo che non ricordo neanche più quando sei arrivato. Quante lacrime righeranno ancora il mio viso ormai liso dal tempo e dalla fatica? Sei entrato silenzioso nella mia testa ed eri come un amico rassicurante, mi hai avvolto nel tuo grande mantello nero. Avevi braccia grandi, pensavo fosse consolazione e invece sei riuscito a innestare in me le tue lusinghe, lasciando il mondo fuori. Eri così sicuro delle tue azioni, e io cosi piccola e fragile da soccombere.


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Un tuffo nel profondo

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Barbara Bortoli

Un tuffo nel profondo

Dipinti di Massimiliano Sciuccati

Edizione cartacea
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Un tuffo nel profondo. Il bisogno di estirpare un qualcosa di profondo che non permette di respirare, di sentirsi finalmente liberi in una realtà che impedisce di vivere la nostra reale natura. Inabissarsi, e da lì scrutarsi.
Qui e solo qui viaggio. Sensazioni vissute che tracciano parole dal gusto intatto, per descrivere le mie emozioni. Troppe volte scordiamo la bellezza di cui siamo custodi. Spero il lettore ritrovi in queste pagine anche un po’ di se stesso.

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Biografia di Barbara Bortoli

Copertina Un tuffo nel profondo

Un tuffo nel profondo di Barbara Bortoli

Capitolo primo

Affacciarsi allo specchio della vita. Ma in fin dei conti cosa ci porta, negli anni, a definire la vita? Cominciamo dall’inizio.

Ricordi si intrecciano, si perdono in un passato fatto di mare… ancora oggi il suo profumo mi inebria. Mi ritrovo bambina, cammino lungo il muraglione che mi permette di contemplare il mare. Cammino e ascolto la sua musica, fino a vedere le sue dolci acque infrangersi sugli scogli spumeggianti.

Penso: il mare sa sempre cosa attraversa la mia mente; conosce ogni mio segreto e soprattutto la sua serenità mi colma.

Un gabbiano ora plana sulle onde e si lascia cullare come un bambino tra le braccia della madre. Pazientemente il mare lo trastulla, rallegrandolo piacevolmente.

Mare, la tua maestosità non ha limiti. Ti perdi sconfinato, come a mia volta io mi perdo in te: ti ergi immenso, impetuoso e possente.

L’odore di salsedine mi sta colmando le narici e allo stesso tempo riesco a provare un grande senso di libertà, una libertà sconfinata.

Una leggera brezza marina increspa le tue acque; proprio qui assaporo tutta la tua forza e contemplo, ancora una volta, la tua immagine.

Il cielo si fa sempre più buio, le acque cambiano inverosimilmente colore: dall’azzurro cielo al verde smeraldo dalle infinite sfumature, per rendere una visione sublime.

I miei pensieri, ora, mi portano a considerare ciò che nella vita avrei potuto realizzare e ciò che realmente ho saputo fare… dunque il cammino alla ricerca di me continua.


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