Il piano inferiore

C. Pedrini, "Il piano inferiore"
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Cristiano Pedrini

Il piano inferiore

Edizione cartacea
Edizione digitale


Il piano inferiore. «Può un pesciolino domare uno squalo?». Per Charles Spencer Hoynes la risposta a questa domanda arriverà dopo l’incontro insolito e fortuito con Mathis Owen, un giovane avvocato fresco di laurea. La sua presenza lo costringerà ad ammettere che oltre ai suoi metodi spregiudicati può esistere anche un altro modo di vivere la sua professione, opponendosi con pazienza, perseveranza e con voce gentile alle ingiustizie.
Immersi in una candida Washington imbiancata dalla neve, i due giovani impareranno che non sempre è facile amarsi e accettarlo, può far paura. Ma sotto la neve e alla vigilia del magico Natale, tutto può essere possibile!

L’edizione digitale inoltre include Note e Capitoli interattivi, Notizie recenti sull’autore e sul libro e un link per connettersi alla comunità di Goodreads e condividere domande e opinioni.


Biografia Cristiano Pedrini

C. Pedrini, "Il piano inferiore"

Il piano inferiore di Cristiano Pedrini

Catapultato in paradiso?

Quattro anni di università chino su libri e dispense, innumerevoli notti insonni, una lista interminabile di fine settimana sacrificati e molte occasioni sfumate. Ecco riassunto in poche parole il risultato della carriera studentesca di Mathis al quale aggiungere due anni di specializzazione e il superamento dei test della scuola di legge e, infine, quell’unico ma fortunato stage in uno studio legale, quello di Horace Hasting, un caro amico di famiglia che si era offerto di fargli muovere i primi passi nel mondo dell’avvocatura.

«E ora eccomi qui» commentò ad alta voce Mathis, fissando quello stanzino nel quale avrebbe voluto morire e lasciare il suo epitaffio sostituendo quella targhetta di cartone appesa precariamente con del nastro adesivo accanto alla porta. Chi l’aveva scritto perlomeno non aveva sbagliato il suo nome, Mathis Owen, anche se aveva usato un discutibile color verde.

«E ora cosa racconterai a tua nonna quando ti chiederà del tuo primo giorno di lavoro?» chiese poggiando le spalle alla parete e rivolgendo lo sguardo al lungo corridoio illuminato da alcune lampade al neon che irradiavano una luce spenta dove, sul fondo, intravedeva la rampa di scale dalla quale era sceso pochi minuti prima.

La sua lunga discesa verso gli inferi… letteralmente e realmente parlando.

Quel magazzino che a giudicare dalla polvere sparsa un po’ ovunque non era molto frequentato, era l’ultimo angolo vivibile del palazzo. Si tolse dalla tasca dei pantaloni il biglietto che aveva ricevuto nell’atrio dove era scritto il numero di piano e della stanza. Ecco il suo benvenuto in quell’elegante palazzo, in una fredda mattina di dicembre. Un benvenuto anonimo e che aveva immaginato assai diverso.

Strinse il biglietto nella mano, chiuse gli occhi e batté ripetutamente il capo contro la parete prima di desistere pensando che un mal di testa non avrebbe migliorato la sua situazione.

Varcò la soglia del suo ufficio avvicinandosi alla scrivania di legno che, a giudicare dal suo piano, aveva visto seduti dietro a essa generazioni di avvocati, probabilmente tutti passati a miglior vita. Posò la sua valigetta accanto a una lampada d’acciaio. Una pila di cartellette vuote e un portapenne di plastica altrettanto vuoto, erano le uniche cose che vedeva.

Fu la vista di quel grande scaffale che arrivava fino al soffitto, carico di libri, tutti con la copertina di color marrone chiaro, che attirò la sua attenzione. Si avvicinò e ne sfilò uno. Gli bastò sfogliare le prime pagine per accorgersi che si trattava di raccolte di leggi. Lesse la data di stampa impressa sul frontespizio. «1909… Ne avete di anni» sorrise il ragazzo alzando lo sguardo verso i ripiani superiori.

«Voi sarete utili ma… – sospirò ritornando alla scrivania – senza un computer come pensano che debba lavorare?» si domandò grattandosi il capo.

«Te lo porteranno entro sera» sentì pronunciare alle proprie spalle.

Mathis si voltò repentino trovandosi davanti a un uomo di mezza età che stava spingendo all’interno il carrello delle pulizie.

«E lei chi… chi è?» balbettò il giovane.

«Colui che occupava questo posto fino a ieri e che ora dovrà trovarne un altro per la sua pausa pranzo» rispose l’uomo togliendosi un berretto sudicio con l’emblema della Nasa, mostrando una prospiciente calvizie.

Si asciugò la fronte ampia con il suo fazzoletto prima di sedersi nell’unica sedia davanti alla scrivania.

«Beh, mi spiace averle guastato i piani» obiettò Mathis oltrepassando il mobile, aprendo i cassetti per appurare se fossero vuoti, trovandoli sporchi.

«E tu che cosa ci fai qui?»

«Ci lavoro, mi hanno assunto oggi» rispose il ragazzo.

«Tu saresti un avvocato?» rise l’uomo.

«È così divertente?» osservò Mathis battendo nervosamente le dita sul piano della scrivania.

«Quanti anni hai?»

«Ventitré, perché?»

«Curiosità. Te ne avrei dati diciassette, forse diciotto» sorrise l’altro, prendendo dal piano del carrello un sacchetto. Estrasse una ciambella e ne addentò un pezzo. «Ne vuoi una?» chiese porgendogli sbrigativamente la busta.

«No, grazie. Ma visto che lei è qui potrebbe approfittare per ripulire la mia scrivania.»

«Sono in pausa, tuttavia… – rispose l’uomo lanciandogli uno straccio dal ripiano inferiore del carrello – puoi provvedere tu stesso e se vuoi dello sgrassatore…» aggiunse, indicando un flacone che conteneva un liquido biancastro.

Mathis lo afferrò svogliatamente. Ne spruzzò una dose abbondante sul piano del tavolo e vi passò energicamente il panno. «Grazie, signor…?»

«Theodore, come Roosevelt» gli disse, masticando con gusto l’ultimo boccone. «Ti piaceva?»

«Chi, Roosevelt?» replicò il ragazzo.

«Ho letto diverse sue autobiografie. Era un tipo molto deciso e capace. Mi piaceva, anche se tu magari non sai neppure chi fosse.»

«So benissimo chi era» obiettò Mathis, fissandolo malamente.

«Oh, scusa… Sai, tutti i ragazzini come te, cresciuti a pane e smartphone, sanno poco o nulla della nostra storia.»

«Non io» sospirò il ragazzo.

«E come pensi di dimostrarmelo?» lo sfidò Theodore, incrociando le braccia al petto.

Mathis tolse dalla tasca della giacca il suo telefono e lo posò sulla scrivania attendendo una reazione che non sarebbe di certo tardata. Vide Theodore allungarsi verso il mobile fissando quell’oggetto con evidente curiosità.

«Cos’è quest’affare?»

«Un telefono» rispose Mathis allargando le braccia.

«Mai visto una cosa simile…»

«È un vecchio Nokia. Serve solo per telefonare e scambiarsi sms, tutto qui.»

Il piano inferiore


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I sentieri di Hibiki

Copertina I sentieri di Hibiki
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Cristiano Pedrini

I sentieri di Hibiki

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I sentieri di Hibiki. Hibiki e Chris sono finalmente felici e insieme. Il ragazzo che ha rubato il cuore del brillante avvocato londinese tuttavia non riesce a stare lontano dai guai.

Un passato scomodo, una proposta indecente: riuscirà Hibiki a proteggere chi ama senza distruggere il suo stesso cuore?

Questo terzo volume della saga dedicata a Hibiki racchiude una preziosa riflessione sulle discriminazioni fisiche, sessuali, sociali, in una Londra cupa, bellissima e senza scrupoli.

L’edizione digitale inoltre include Note e Capitoli interattivi, Notizie recenti sull’autore e sul libro e un link per connettersi alla comunità di Goodreads e condividere domande e opinioni.

Questo romanzo è il seguito dei precedenti Le regole di Hibiki (2016) e Buon Natale Hibiki (2016).


Biografia di Cristiano Pedrini

Copertina I sentieri di Hibiki

I sentieri di Hibiki di Cristiano Pedrini

Regola numero ventisette. Dopo una vacanza, tornare con calma alla quotidianità

«Vuoi una mano a disfare la valigia?» domandò Owen accostandosi al letto dove a malapena, sommerso da ogni genere di indumenti, si scorgeva il trolley color grigio perla.

«Non dirmi che tu hai già finito?!» osservò sconsolato Hibiki cercando di piegare alla meglio alcune magliette colorate posandole vicino a una alta pila di boxer.

«Certo che sì! Sei un vero disastro quando si tratta di rimettere in ordine!» replicò il ragazzino aiutandolo a togliere dalla valigia gli ultimi indumenti.

Nello spostare un cardigan notò qualcosa che era rimasto sul fondo.

«Dimmi… – sorrise maliziosamente – hai presente la tua macchina fotografica, che hai cercato per tutta la camera d’albergo e che credevi di aver perso, tormentandoci per tutto il viaggio di ritorno?» asserì mostrandogliela.

Il viso abbronzato del fratello maggiore dopo pochi attimi di sorpresa si sollevò trattenendo la gioia nel rivedere l’oggetto. Fu una felicità che lo riportò alla vigilia di quella vacanza, quando insieme a Owen e a Chris aveva trascorso due settimane indimenticabili in un paradiso di cui solo pochi attimi prima di ricevere quell’inaspettato regalo dal suo compagno neppure immaginava l’esistenza.

Si ricordava ancora di quella sera.

Aveva oltrepassato la soglia del bagno asciugandosi i capelli ancora umidi, dopo essersi concesso una doccia calda. Si era incamminato verso la camera sedendosi ai piedi del letto, mentre con la coda dell’occhio cercava di mettere a fuoco qualcosa che era posata sul suo cuscino: si trattava di una scatola di colore rosso.

Si era rialzato in piedi raggiungendo la testata del letto, si era chinato e dopo essersi levato il cappuccio dell’accappatoio si era deciso a prenderla. Vinta l’esitazione aveva sollevato il coperchio della scatola, ma un’espressione perplessa si era impossessata del suo viso. Posato il curioso oggetto sul piumino, ne aveva estratta una camicia hawaiana dai colori sgargianti con stampata una discutibile fantasia di palme. La sua attenzione era scivolata su una busta rimasta sul fondo. Si era seduto lasciando l’indumento sulle gambe, l’aveva presa e aperta sperando che contenesse l’agognata risposta alle sue domande.

Ma la sua fiducia era sfumata rapidamente trovandosi a osservare alcune immagini di un luogo a lui del tutto sconosciuto.

I sentieri di Hibiki


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