Con le gambe a penzoloni

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Raffaella Bovi

Con le gambe a penzoloni

Le mie vacanze alla sua età

Edizione cartacea
Edizione digitale


Con le gambe a penzoloni. Che fatica crescere. Nessuno ci capiva, nemmeno noi capivamo noi stessi, volevamo crescere in fretta ma non sapevamo ancora il prezzo che avremmo dovuto pagare.
Il nostro tronco sul ruscello era sempre pronto ad accoglierci, l’acqua fredda curava le ginocchia sbucciate e le anime infrante. Il lago ci aveva abbracciati in un’estate magica e misteriosa. Correvamo a perdifiato nei viottoli del piccolo paese incontro a sogni e aspettative. Eravamo appagati da quella felicità fatta di piccole cose, create da mani ancora non abbastanza grandi per la vita.
Questa è la storia che Sara racconta a sua figlia Emma, ora adolescente, e a chi nella fretta ha perso una parte di sé da cui ripartire.

L’edizione digitale include Note e Capitoli interattivi, Notizie recenti sull’autrice e sul libro e un link per connettersi alla comunità di Goodreads e condividere domande e opinioni.


Biografia di Raffaella Bovi

Con le gambe a penzoloni

Con le gambe a penzoloni di Raffaella Bovi

Preludio

Quell’estate avevamo scoperto una radura nel bosco che era diventata il nostro nascondiglio segreto. Il ruscello che l’attraversava da impetuoso andava a calmarsi in una piccola piscina naturale la cui attrattiva principale era un tronco cresciuto orizzontalmente, con le fronde che riuscivano a sfiorare le acque e ne seguivano il lento fluire. Un’acqua cristallina, fresca: nel suo scorrere si potevano vedere i giochi delle erbe acquatiche come fossero bandiere al vento. La calura estiva si sentiva molto meno in quell’angolo di paradiso ombreggiato da cespugli e alberi secolari, i raggi del sole penetravano a malapena il fitto fogliame.

Lì avevamo trascorso momenti di gioco, avevamo riso e a volte anche pianto. Quel pomeriggio però era un momento di puro relax: era il giorno dopo la festa del paese. Stavamo così, tutti e quattro seduti sul nostro tronco sospeso sullo specchio d’acqua, cullandoci nel suo rumore ovattato isolati dal resto del mondo.

Claudia giocherellava con una pagliuzza fra le labbra. Il viso rivolto verso l’alto e gli occhi chiusi, faceva dondolare la testa seguendo un motivo che solo lei poteva sentire. Alberto tirava dei sassolini nello stagno a cadenza lenta e regolare con lo sguardo fisso e assonnato, mentre Sabrina se ne stava sdraiata con il cappellino rosso calato sugli occhi muovendo lentamente le gambe.

Io contemplavo l’acqua che scorreva e avvertivo il fastidio della corteccia che mi pungeva la pelle al punto che mi sembrava di essere seduta su un letto di chiodi; ogni tanto alzavo una gamba e poi l’altra per alleviare il fastidio.

Ci stavamo godendo la calma del giorno dopo la festa immersi nei nostri pensieri; era stata una giornata fuori dal comune e nonostante tutto molto bella. Forse eravamo stati gli unici ad avere avuto il privilegio di entrare in quel giardino avvolto da un’atmosfera irreale dove il tempo sembrava essersi fermato. Non restava che riposarci per l’intero pomeriggio. Più tardi avremmo fatto un tuffo saltando dal tronco, senza disturbare troppo la nostra amica silenziosa che viveva in qualche ansa del ruscello: l’avevamo già fatto altre volte ed era assai divertente.


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