Il travolgente amore di Angela

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Germana Zuccatti

Il travolgente amore di Angela

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La vera amicizia è un viaggio che inizia prima della partenza e riaffiora con i ricordi.

Il travolgente amore di Angela. Angela è nata negli anni Cinquanta a Trento, è una femminista con la fissa della libertà ed è una buona amica. Cerca l’emancipazione dalla famiglia e dalla società e per un caso incontra l’avvocato statunitense Bernard: due esistenze tanto diverse unite da un po’ di incoscienza e un profondo amore. Con intelligenza e rispetto invecchiano assieme cercando sempre nuovi stimoli per non cadere in una vita banale, sino alla morte di lui.
Il dolore dell’anima abbatte più di una malattia e l’oblio di Angela è dolce e triste come un delirio. Spera di non vivere troppo a lungo questa vita straziante. Ora si sente serena, è pronta a raggiungere il suo amore: i bambini stanno crescendo e il futuro appartiene a loro.
La passione, l’amore, l’intesa e la tenerezza accompagnano il lettore in pagine sensibili e sincere scritte in questa opera d’esordio.

L’edizione digitale include Note e Capitoli interattivi, Notizie recenti sull’autore e sul libro e un link per connettersi alla comunità di Goodreads e condividere domande e opinioni.


Biografia di Germana Zuccatti

Il travolgente amore di Angela

Il travolgente amore di Angela di Germana Zuccatti

Prologo. L’ultimo viaggio di Angela

Ama passare il tempo libero in terrazza comodamente seduta sui cuscini di una poltroncina di vimini rivestita di lino verde: fa parte di un salottino di giunco scelto con il suo Ben tanti anni prima ed è in bella mostra sulla grande terrazza della villetta in stile liberty. Lo utilizzavano soprattutto per rilassarsi in estate, circondati da molte piante che davano l’idea di un fresco luogo esotico: i limoni, la buganvillea, la dracena, strani alberi a forma di ombrello importati dall’isola di Socotra nello Yemen.

Ora che Ben non c’è più sono i ricordi che le permettono di sopravvivere; il suo spirito e la sua essenza li porta nel cuore sebbene non bastino a contenere l’incommensurabile dolore per la certezza di non poterlo più rivedere. Il cuore si è spezzato, è spento, e lei non ha più scopi per vivere. Ha i figli che la amano e lei naturalmente ricambia il loro amore: questo pensiero la rincuora.

La morte di Ben è anche la fine della sua esistenza; ne sente la mancanza, non riesce a distogliere la mente dal pensiero che il suo compagno di vita non sia più accanto a lei.

Sono tante le cose che parlano di lui, oltre ai ricordi. Si sente sola, troppo sola. Non è giusto che se ne sia andato via così.

Ripetevano sempre che il loro desiderio era andarsene insieme tenendosi per mano. La vita è ingiusta e farsi domande sul perché non porta alcuna risposta: lo sa bene, ne è consapevole. I tempi della vita sono questi, non ci sono regole.

Non riesce a darsi pace, a farsene una ragione, non ha più interesse nei confronti della vita. Sa di arrecare dispiacere ai figli con tale atteggiamento ma non ce la fa o forse non vuole, inconsciamente, superare questo stato mentale.


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Marina Pilati Lusuardi

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Storie di indipendenza delle donne e dell’Italia

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«Mamma si raccomandava di non dire mai fuori ciò che si sente in casa».

Un nome da regina. Mia madre è nata nel 1903 a Trento, ha visto il crollo di un impero, la rovina di una dittatura, la fine di una monarchia, la faticosa costruzione di una democrazia. Ha cambiato nazionalità senza mai muoversi dalla sua terra di confine e ha sperimentato quanto siano assurdi i confini: che prima sono a Borghetto, poi si spostano al Brennero. Nel frattempo ha dovuto sottostare a Hitler e il suo Terzo Reich. Ha visto mezzo mondo conquistato dal comunismo. Ha realizzato la propria emancipazione soprattutto attraverso sua figlia, che sono io.
Racconto qualche cosa di lei perché mi sembra importante vedere e giudicare la Storia con gli occhi di una persona normale, né eroina né vittima.

L’edizione digitale inoltre include Note e Capitoli interattivi, Notizie recenti sull’autore e sul libro e un link per connettersi alla comunità di Goodreads e condividere domande e opinioni.


Biografia Marina Pilati

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Un nome da regina di Marina Pilati Lusuardi

Il Ribaltone

In un novembre particolarmente mite le truppe italiane avevano raggiunto Rovereto e a Trento c’era grande animazione, molta gente scendeva in strada. I più giovani, quasi tutte ragazze (i ragazzi arruolati nei Kaiserjäger – gli Alpini austriaci – erano stati mandati sul fronte orientale in Galizia), andavano incontro ai liberatori, si avviavano verso Mattarello cantando e tenendosi sottobraccio. Coccarde tricolori erano appuntate sui baveri delle giacche e nei capelli.

Zia Maria, da sempre irredentista, voleva raggiungere le amiche in piazza. Mamma aveva quindici anni, era piccola, malaticcia, una lunga treccia di capelli neri le dondolava sulle spalle: dopo un anno di fame sembrava ancora una bambina.

In casa l’atmosfera era cupa, suo padre era un alto funzionario imperiale e non vedeva certo la Liberazione con entusiasmo; lei infatti non aveva mai condiviso l’appassionato irredentismo dei fratelli e della madre e aveva vissuto la guerra con ansia e paura. Ora aveva deciso di accompagnare la sorella incontro ai liberatori. Quanta gente! La popolazione fiera cantava l’Inno al Trentino, Il capitano della compagnia, Tapum tapum, insomma i tristi ritornelli delle trincee.

Mamma era stanca e nella folla che ondeggiava e gridava perse di vista la sorella. Sfilavano i militari dell’esercito imperiale («I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza» scriveva Diaz nel Bollettino della Vittoria il 4 novembre 1918). Si vedevano divise di tutte le fogge, carriaggi e cavalli in ritirata dal fronte. C’era un morto lungo la strada e si sentiva ancora l’eco di scoppi lontani. Mamma procedeva lentamente. Passato il ponte sul Fersina ai lati della carreggiata si allargavano campi bruni e frutteti spogli… Nel fossato si mosse qualcosa: era un coniglio! E pure bello grosso. Con uno scatto mamma lo acchiappò: era tanto tempo che non si mangiava carne. Ora però camminava veramente con difficoltà, il coniglio era pesante e si divincolava. Ma ecco un prigioniero russo!


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